Si è chiusa oggi, nello stupore generale, l’avventura al Genoa di Alberto Gilardino. Elegante, pacato, deciso senza alzare mai i toni. Come recentemente avrebbe potuto fare. I risultati sempre dalla sua parte. In termini di squadra, con la promozione e una salvezza tranquilla, e di valorizzazione dei giocatori. Non verrà ricordato per il gioco espresso, ma per un tremendismo del suo Grifone che ha trascinato un pubblico che aveva giustamente riposto speranze nel sogno americano poi rivelatosi maccaja negli occhi. E anche Gilardino, che forse a primavera sarebbe potuto approdare su qualche panchina più prestigiosa, è stato sedotto e abbandonato. Prima con una squadra smantellata negli elementi migliori, poi allontanato per qualche divergenza con i piani nobili e nordici del club. L’allenatore Gilardino è forse una perdita a cui si può far fronte, ma questo Genoa rattoppato può fare a meno dell’uomo Gilardino?
Tante le sfaccettature del Gilardino genoano, partito come tecnico della Primavera e ritrovatosi in prima squadra senza esperienza alle spalle.
Gilardino normalizzatore. Arrivato in punta di piedi dopo Blessin ha condotto il veliero del Grifone in Serie A al primo colpo. Nessun fuoco d’artificio se non quello del buon senso e dei giocatori giusti al posto giusto.
Gilardino valorizzatore. “Re Mida” lo aveva ribattezzato Genova24 analizzando il valore acquisito dai principali giocatori sotto la sua gestione. Certo, non è solo merito suo. Ma è indubbio che l’allenatore piemontese sia riuscito a garantire un bel tesoretto alla società.
Gilardino uomo solo al comando. Forse questa la definizione che più gli si addice. Esponente di un Genoa “working class” che spesso e volentieri ha fermato le big nel catino infervorato di Marassi. Una squadra che ha visto piano piano sgretolarsi la realtà 777 Partners. Con Zangrillo e il tecnico come unici punti di riferimento per la piazza.
Gilardino comunicatore. Mai una risposta fuori posto in conferenza stampa. Uomo dei genoani – che ha sempre definito “popolo” citando Scoglio – prima che del Genoa. Senza urlare, non sono mai mancate le punture alla società. Dalla critica delle condizioni del campo di Pegli dopo la gara contro la Salernitana, all’ultimatum dell’8 agosto alla società: “Entro sette giorni vorrei sapere chi avrò in squadra”. Senza dimenticare quanto detto due settimane fa, dopo la vittoria contro il Parma: “So di essere solo con i miei ragazzi a combattere fino alla fine, li difenderò fino alla morte. Faccio un plauso a tutti i ragazzi”.
Cosa porterà Vieira è difficile prevederlo. La speranza è che dietro un nome così ingombrante per il passato da giocatore ci sia anche qualche nuovo investitore. C’è da dire che tra l’indebolimento del mercato e gli infortuni questo Genoa sembra avere solo la strada della lotta per potersi salvare. O comunque che non possa prescindere da quello spirito battagliero che si ottiene solo dalla coesione totale tra tecnico e gruppo. Richieste tattiche più complicate, se così le si possono definire, potrebbero far perdere l’obiettivo a un Grifone troppo avaro di qualità per permettersi di perdere anche solo un briciolo dello spirito pugnace che lo ha contraddistinto specialmente in casa.