Genova. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha annunciato nello scorse ore che al momento il governo non interverrà nella vertenza aperta dai portuali americani che da ieri hanno iniziato uno sciopero totale di una settimana che, a questo punto, rischia di mandare nel caos buona parte dei traffici che legano le due sponde dell’Atlantico, Mediterraneo compreso.
I porti americani, infatti, sviluppano una quota decisamente rilevante per quanto riguarda i traffici sia in entrata che in uscita per i porti di Genova e Savona, rappresentando circa il 37% del totale. Sulla rotta Genova-New York, infatti, passa la gran parte degli export del Made in Italy e dell’automotive italiano, mentre dagli States arrivano merci come frutta (banane soprattutto) e grandi derrate alimentari necessarie per la produzione industriale italiana di dolci, come noci, mandorle, pistacchi e prugne.
Secondo i calcoli fatti da Spediporto, la più grande associazione italiana di spedizionieri, “Ogni settimana, si stima che a livello mondiale saranno circa 500 mila i contenitori che non potranno sbarcare o raggiungere le destinazioni finali. Un danno gravissimo all’economia USA, ai suoi consumatori, ma anche agli esportatori, che certamente vedranno lievitare il costo dei noli già nelle prossime settimane”.
Le conseguenze dello sciopero dei portuali Usa
Per cosa scioperano i portuali Usa?
L’agitazione è arrivata a seguito dell’interruzione delle trattative tra il sindacato dei portuali International Longshoremen’s Association (Ila) e la United States Maritime Alliance (Usmx), vale a dire l’alleanza di vettori portacontainer, datori di lavoro diretti e associazioni portuali che servono le coste orientali e del Golfo degli Stati Uniti. L’Ila, che rappresenta circa 45mila lavoratori portuali, sostiene che gli aumenti salariali offerti dall’Usmx, che rappresenta 40 terminal oceanici e operatori portuali, sono troppo bassi e devono essere aggiornati immediatamente. Ma non solo: secondo i lavoratori nei porti americani sta avanzando una automazione serrata applicata alle lavorazioni non prevista da precedenti accordi.
Secondo quanto viene riportato dai media americani, Harold Daggett, leader della Ila, ha promesso una battaglia dura: “Siamo pronti a combattere per il tempo necessario, a scioperare per quanto serve“. Nei giorni precedenti lo stop delle trattative, Ila ha rifiutato un’offerta che prevedeva l’aumento del 50% di stipendio in sei anni, ritenendola inadeguata. Il sindacato chiedeva infatti un aumento del 77% solo per sedersi al tavolo delle trattative. “Lotterò perché queste aziende avide guadagnano miliardi di dollari e non vogliono condividerli – ha detto Dagget in una recente intervista alla BBc – Lotteremo per questo e vinceremo, altrimenti questi porti non riapriranno mai più. Non stiamo scherzando“.