Il reportage

Viaggio tra gli espropriati di via Vecchia: “Il nostro destino scoperto per caso”. E sale la preoccupazione per chi resta fotogallery

Tra la rabbia per le case svuotate in pochi mesi e la preoccupazione di chi dovrà affrontare anni di cantieri: "Abbandonati dalle istituzioni"

Genova. “Un giorno ascoltando la radio abbiamo scoperto per caso del progetto della nuova rimessa. Abbiamo provato a chiedere informazioni in municipio, ma nessuno sapeva nulla. Una volta avuta indirettamente la documentazione, guardando le mappe abbiamo visto che le nostre case non c’erano più. Così è cambiata per sempre la nostra vita”.

Con queste parole inizia il racconto degli ultimi mesi vissuti nelle loro ex case dagli abitanti di via Vecchia, la via di Staglieno che sarà interessata dai lavori di rifacimento e ampliamento della rimessa Amt, nell’ambito nel progetto degli assi di forza. Lavori che prevedono l’abbattimento di tutto un caseggiato, composto da almeno cinque civici, da cui i residenti sono stati espropriati. Lo scorso 31 ottobre per molti scadeva il termine per liberare la casa. E con gli ultimi scatoloni portati via, emergono ancora rabbia e indignazione per una vicenda che ha cambiato le loro vite.

“Ad averci amareggiato sono state soprattutto le modalità con cui si è svolta la vicenda – racconta un gruppo di ex residenti del “Comitato Via Vecchia e zone limitrofe” mentre assistono al trasporto degli ultimi oggetti dalle case oramai vuote – nessuno ci ha comunicato nulla, la prima e unica assemblea pubblica sul tema l’abbiamo organizzata noi. Al progetto è stata data la pubblica utilità, e allora abbiamo proposto un progetto alternativo, insieme all’ingegner Spalla, che potenziava la rimessa ma senza dover abbattere le nostre case, anzi, tutelandone il valore storico e sociale. Non è stato preso in considerazione. Ci era stato promesso che il progetto sarebbe cambiato, ma così non è stato“.

Rabbia e indignazione

I volti sono stanchi dopo mesi di incontri, avvocati e corse contro il tempo. Una volta rassegnati all’esproprio è partita la trattativa per arrivare a capire i valori degli immobili, non senza problemi: “La prima valutazione proposta era bel al di sotto al valore per metro quadro previsto per la zona dalla Agenzia delle Entrate – spiega Raffaella Capponi, anima storica del quartiere, tra le fondatrici e coordinatrici del Comitato e della Rete Genovese – ci siamo dovuti rivolgere a dei legali per arrivare ad una cifra almeno di mercato“.

Ma il dolore e il rammarico sono soprattutto per gli investimenti fatti da molti in questi ultimi anni all’interno delle loro abitazioni: “La zona è come un piccolo paese e qua siamo tutti una comunità. Molti di noi hanno investito nei propri appartamenti, con ristrutturazioni, mobilio, utenze. Queste case sono state acquistate con la prospettiva di passarci la vita qua – spiegano – e la cosa che ci ha fatto indignare maggiormente è che probabilmente mentre noi stavamo investendo nelle nostre case, qualcuno il progetto lo stava già facendo“.

Una ipotesi, questa, che secondo il Comitato sarebbe suffragata da alcune date chiave del progetto: “Nel piano particellare che decreta gli espropri si parla di finestre datate, quando in realtà molti di noi le hanno cambiate ben prima che venisse pubblicato – raccontano – Il Pums è del 2019, la documentazione progettuale definitiva è del 2021, ma immaginiamo che per fare un progetto del genere ci siano voluti mesi di lavoro, se non anni. Ecco, in quei mesi, mentre il progetto forse veniva già disegato, alcuni di noi stavano investendo soldi nelle case, alcuni di noi la stavano comprando: se ci fosse stato comunicato prima, forse non avremmo buttato via questi soldi“.

La paura di chi resta

Il comitato di via Vecchia, però non è composto solamente da chi se n’è andato. A rimanere “in presidio” decine di altri residenti che sono ancora più preoccupati di quello che succederà nei prossimi mesi: “Sappiamo che i lavori saranno molto lunghi – ci spiegano – sappiamo che ci sono delle bonifiche da fare, la rimessa e le case hanno moltissimo amianto, e temiamo di vivere anni intrappolati nelle nostre case. Nessuno ancora ci ha spiegato cosa succederà esattamente e non ci sono state date garanzie di nessun genere”.

A spaventare il “precedente” della rimessa Gavette, il cui cantiere ha dovuto subire uno stop per caratterizzare il sito con il sospetto della presenza di diverse sostanze tossiche: “Sappiamo benissimo che quando si fanno lavori del genere le sorprese sono dietro l’angolo – ci racconta Monica, residente nei palazzi di fronte al caseggiato destinato alla demolizione – ed è per questo che chiediamo chiarezza fin da subito“.

Chiarezza ma non solo: “Saranno anni difficilissimi – ci spiega preoccupato Roberto, che con la sua casa affaccia esattamente difronte dove sorgerà il cantiere – in questa zona abitano molti anziani e molti disabili, temiamo che questo cantiere abbia un impatto negativo con anche dei danni. Ad oggi nessuno è venuto a verificare lo stato delle nostre case prima dei lavori, vogliamo essere tutelati e se necessario anche risarciti per quello che dovremo sopportare. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni”.

Le foto in bianco e nero sono di Giorgio Scarfì

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