Genova. Non bastavano i numeri di telefono clonati, i messaggi di sedicenti parenti, le false mail o i travestimenti da agenti, adesso i truffatori si sono messi anche ad allestire una finta auto della polizia: questo, almeno, è quanto risulta dal racconto di una genovese, figlia di una donna anziana nei confronti dei quali è stata architettata una raffinatissima truffa.
Truffa che, per fortuna, non è stata finalizzata. “Ci siamo accorti da subito che c’era qualcosa di strano in ballo e abbiamo utilizzato diversi accorgimenti per scoraggiare i truffatori – racconta M. – ma i metodi che hanno utilizzato, l’insistenza, la mole di informazioni su di noi che hanno dimostrato di avere è qualcosa che ci fa davvero preoccupare, per i nostri anziani, ma anche per i nostri figli e per noi stessi, è sempre più difficile individuare una possibile truffa”.
Tutto è iniziato alcuni giorni fa quando M. riceve una telefonata sul cellulare. E’ un numero fisso ma sconosciuto. M. non risponde ma richiama. “Buongiorno signora, la chiamiamo dalla polizia postale”. I sedicenti agenti, al telefono, domandano alla donna se un’altra persona, collaboratrice domestica, prestasse ancora servizio presso la madre. Nel farlo elencano nomi, cognomi, indirizzi.
“Non ho capito bene cosa volessero, forse capire quando la casa sarebbe stata vuota, o mia madre sarebbe stata sola ma il fatto che chiamassero me mi ha insospettito, ho quindi chiesto chiarimenti e come mai non si fossero rivolti, appunto, direttamente a mia madre”. I truffatori le hanno risposto che non volevano impensierire l’anziana donna. “Ho proposto di avere un appuntamento in commissariato per fornire le informazioni richieste e a quel punto gli sconosciuti hanno desistito“.
M. cerca di contattare subito la madre, e il fratello. E qui il risvolto più inquietante. Altri agenti di polizia si erano presentati presso il palazzo della donna, dove è presente una portineria, e avevano chiesto informazioni sulla signora. Il portinaio aveva fatto entrare gli agenti, uno in divisa e due in borghese, che – ha raccontato – sono arrivati sul posto con un’auto di servizio simile, a prima vista, a quelle della polizia di Stato. “Una jeep”, dice la donna.
Casi simili sono già avvenuti, in passato, ma non di recente, in altre città italiane. Quello che, ultimamente, sembra ripetersi come modus operandi dei truffatori, è l’architettura di più sceneggiate in contemporanea, studiate in modo di convincere le vittime. “Io stessa mi sono domandata se forse non ci fosse davvero un’indagine in atto sulla nostra collaboratrice, che comunque conosciamo da anni e che sappiamo essere una persona totalmente onesta”, dice ancora la figlia dell’anziana che avrebbe potuto essere truffata.
La famiglia coinvolta in questo subdolo raggiro ha riportato l’accaduto sia al 112, sia alla polizia postale (che ha escluso interventi di quel tipo da parte loro) ma anche direttamente in commissariato presso la polizia di Stato e in una caserma di carabinieri. Il racconto è rimasto a livello di segnalazione. “Ci hanno detto che non c’erano gli estremi per una denuncia, non essendoci stato un reato – dice M. – purtroppo senza denuncia non possiamo richiedere di visionare le telecamere del quartiere per cercare di individuare la finta auto della polizia”.
Per una truffa che non è andata a segno, grazie alla rete di familiari attorno all’anziana e alla lucidità dell’anziana stessa, ogni giorno tante altre arrivano all’obiettivo. Sono numerosi, e sempre più facilitati dalla tecnologia, i metodi messi in atto da malintenzionati che riescono, talvolta, a introdursi così nelle abitazioni e portare via denaro o gioielli, a ottenere dati sensibili come codici per l’e-banking o numeri di carte di credito, o a farsi versare denaro su conti correnti fittizi.