Genova. Chi ha portato in aula il libretto di deportazione del suocero, chi i post sui social rivendicando di essere “antifascista ma anche anticomunista”, chi i motivi di salute. Si sono difesi così i tre ex consiglieri del Comune di Cogoleto a processo con l’accusa di violazione della legge Mancino, perché il 27 gennaio del 2021, nel giorno della Memoria, votarono alcune delibere di seduta facendo il saluto fascista. Il processo è a carico di Valeria Amadei (Fratelli di Italia), Francesco Biamonti (Lega) e Mauro Siri (indipendente), tutti e tre di centrodestra.
Siri e Biamonti si erano poi dimessi. In particolare Amadei ha prodotto in aula il libretto di deportazione del suocero a Mauthausen per due anni e la documentazione relativa all’albero piantato in Israele a suo nome. Siri ha spiegato di essere stato un dirigente della Cgil e ha prodotto i post sui social in cui prendeva le distanze da tutte le forme di dittature ma di avere problemi di periartrite che non gli consente di alzare completamente il braccio.
Tutti hanno poi spiegato di avere “sempre votato così” sottolineando che si “è trattato di un equivoco”. I tre sono difesi dagli avvocati Giacomo Gardella, Alessandro Sola e Mario Frigerio.
La vicenda risale al gennaio del 2021. In aula era scoppiata la bagarre e in Comune (rappresentato dall’avvocato Fabio Panariello) era arrivata la Digos, dopo che il sindaco di Cogoleto Paolo Bruzzone aveva espresso sui social sdegno per l’accaduto. I poliziotti avevano acquisito video e verbale dell’assemblea e ascoltato il primo cittadino e l’operatore che aveva effettuato le riprese, primo ad accorgersi del gesto. Il caso era arrivato anche in prefettura, con l’avvio di un procedimento istruttorio sollecitato dalle opposizioni in consiglio regionale (Lista Sansa, Pd, Movimento 5 Stelle e Linea condivisa).
Il sindaco Bruzzone invece aveva inviato una relazione scritta sull’episodio al prefetto chiedendo di dichiarare la decadenza di tutti e tre i consiglieri. Siri ha sempre affermato che aveva tenuto il braccio in quel modo per difficoltà a piegarlo e di essere sempre stato antifascista. Per il pubblico ministero Francesco Cardona quello dei tre era stato invece un disegno criminoso perché “da consiglieri di minoranza compivano manifestazioni usuali ai gruppi aventi tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione, o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”.