Genova. “La sentenza impugnata è frutto di un gravissimo travisamento degli elementi di prova offerti dalla procura a sostegno della richiesta di rinvio a giudizio”. Lo scrive l’avvocata Sabrina Franzone nella memoria in vista dell’udienza di mercoledì davanti alla Corte d’appello contro la sentenza di proscioglimento di Anna Lucia Cecere, l’ex insegnante indaga per l’omicidio di Nada Cella, la giovane segretaria uccisa nel 1996 nello studio del commercialista Marco Soracco per cui lavorava.
“Il giudice – prosegue la legale – non solo non li ha recepiti o erroneamente valutati, ma in alcuni casi li ha completamente trasfigurati, tanto da compromettere irrimediabilmente la sentenza e senza avvedersi che il complesso generale degli elementi probatori a carico della Cecere è connotato da rilevante gravità, non solo in funzione della pluralità degli stessi, ma della loro univocità e non contraddittorietà”.
Per la legale di parte civile, che assiste la mamma di Nada, Silvana Smaniotto, dalla lettura della sentenza invece “emergono inammissibili forzature, superficialità, clamorosi errori e persino affermazioni che poggiano su dati inesistenti o, peggio ancora, inveritieri“.
A marzo la giudice Angela Nutini aveva prosciolto Cecere perché a suo avviso quelli raccolti dalla procura sono “sospetti“. Sospetti che non possono “portare a formulare una ragionevole previsione di condanna”, come vuole la riforma Cartabia, e che renderebbero “inutile il dibattimento” visto il quadro probatorio per alcuni aspetti “contraddittorio e insufficiente”. Il gup aveva prosciolto anche il commercialista e l’anziana madre Marisa Bacchioni, questi ultimi accusati di favoreggiamento e false dichiarazioni.
L’inchiesta era stato riaperta nel 2021 dopo la rilettura dei vecchi atti da parte della criminologa Antonella Delfino Pesce e dall’avvocata della famiglia Sabrina Franzone. L’inchiesta era stata affidata dalla pm Gabriella Dotto alla squadra mobile.
Per la Procura Cecere (difesa dagli avvocati Giovanni Roffo e Gabriella Martini) avrebbe ucciso Cella perché voleva prendere il suo posto a lavoro e nel cuore di Soracco. I giudici potrebbero decidere mercoledì stesso. La decisione potrà anche essere impugnata in Cassazione, ma solo per questioni relative alle legittimità.
Nelle 72 pagine di memoria l’avvocata Franzone rimette in fila, come già aveva fatto la pm Dotto in sede di ricorso, tutti gli elementi a suo dire “travisati” dalla gup. dalla questione dei bottoni, alla (inesistente) testimonianza del datore di lavoro di Cecere all’epoca dei fatti.
Tra gli elementi che emergono ci sono le pagine dell’agenda di Cecere relative all’epoca dell’omicidio di Nada Cella. Il 30 giugno Cecere, che viveva a Chiavari in una casa del clero e spesso ricorreva all’aiuto dei vicini che le fornivano i pasti, annota parecchie spese per 5.772.000 lire per mobili ma anche capi di abbigliamento “tra cui uno zainetto di Prada”.
Una cifra che la difesa sostiene derivasse dall’eredità di una nonna deceduta due settimane prima. Per l’avvocata Franzone però non c’è alcuna prova di un buono fruttifero ricevuto da Cecere che ebbe in eredità solo un appartamento venduto diversi anni dopo. Secondo l’accusa e la parte civile si tratta di uno degli indizi, insieme all’improvvisa fuga da Chiavari qualche mese dopo, che Cecere fu pagata per allontanarsi da Chiavari.
La pm Dotto, a sua volta, aveva depositato un ampio e circostanziato ricorso rilevando tutti quelli a suo avviso sono stati gli errori di valutazione compiuti dalla giudice (in questo articolo tutti i dettagli del ricorso).