Genova. Un teatro non pieno come al solito, soprattutto per un’opera di repertorio come la Lucia di Lammermoor di Donizetti, probabilmente a causa dell’indecisione che pendeva sulla prima a causa dello sciopero della sigla sindacale Snater, che ha deciso di confermare la protesta. Risultato: un coro a ranghi ridottissimi ha comunque portato a casa il risultato, anche se inevitabilmente non è stato come se ci fossero tutti.
Un volantino distribuito fuori dal teatro ha spiegato le motivazioni accusando il governo che nella bozza della legge Finanziaria 2025 sono introdotti due articoli che minacciano la sopravvivenza delle fondazioni lirico-sinfoniche (l’articolo 11o comma 1o con assunzioni a tempo indeterminato pari a una spesa del 75% del personale cessato l’anno precedente e l’articolo 112 che impone una spending review).
Il sovrintendente Claudio Orazi, prima dell’inizio dell’opera, dal palco ha definito lo sciopero “inaccettabile, proprio ora che è stato firmato, dopo vent’anni, il rinnovo del Contratto nazionale dei lavoratori delle Fondazioni d’Opera. Grazie alle sigle sindacali Cgil, Cisl, Uil e Fials e ai lavoratori tutti del Teatro, artisti, orchestrali, tecnici, amministrativi”. Orazi ha poi invitato il pubblico a tornare a vedere, ospiti del Teatro, una delle repliche con il coro al completo.
La trama, in breve
Lord Enrico Ashton viene informato da Normanno che la sorella, Lucia di Lammermoor, è innamorata di Edgardo di Ravenswood, la cui famiglia è da sempre sua rivale. Edgardo è costretto a partire per difendere la Scozia; prima però si scambia con Lucia un pegno di eterno amore.
Enrico approfitta della sua partenza per far credere a Lucia (in accordo con Normanno e Raimondo) che Edgardo abbia trovato un nuovo amore, costringendola quindi a sposare Arturo Bucklaw, il cui nome risolleverà le sorti degli Ashton. Durante le nozze irrompe però Edgardo che, credendola traditrice, le restituisce stizzito il pegno. Enrico lo sfida a duello per risolvere la loro contesa.
Lucia perde completamente il senno e, durante la prima notte di nozze, uccide Arturo. Poco dopo morirà consumata dalla follia e dall’amore. Edgardo, saputa la notizia, si pugnala a morte.
Un grande cast vocale
Si può dire senza dubbio che per questa proposta il Teatro Carlo Felice abbia davvero fatto l’en plein. Un cast azzeccatissimo che ha suscitato l’apprezzamento del pubblico: Nina Minasyan (Lucia), partita con momenti in cui la voce era sin troppo esile, è stata un crescendo sino alla celebre scena della pazzia in cui sono solo vocalizzi in un ‘duetto’ originale per Genova con la glassarmonica (strumento musicale in cui si suonano i bordi dei bicchieri) anziché con il flauto. Acuti e sovracuti ineccepibili.
Franco Vassallo è un Enrico vocalmente sicuro in tutti i frangenti e colpisce la potenza, la sicurezza e soprattutto l’interpretazione emotiva di Ivan Ayòn Rivas al debutto nel ruolo di Edgardo. Benissimo anche l’Arturo di Paolo Antognetti e l’Arturo di Luca Tittoto. A completare una generale buona prova dal punto di vista vocale anche Alena Sautir (Alisa) e Manuel Pierattelli (Normanno).
Qualche rarissimo momento di lieve ritardo o anticipo rispetto all’esecuzione dell’orchestra è stato subito riassorbito dal direttore Francesco Ivan Ciampa.
La regia che fa discutere
Applausi più timidi, ma senza contestazioni per la regia di Lorenzo Mariani nell’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice in coproduzione con la Fondazione Teatro Comunale di Bologna e l’Abao-Olbe di Bilbao. Mariani punta sul sangue, le armi, i gesti violenti e anche ai limiti della molestia del fratello Enrico su Lucia. All’apertura del sipario si vede addirittura Lucia impiccata con la veste bianca insanguinata. Un manifesto di ciò che è Lucia di Lammermoor secondo Mariani. Una lettura che il regista ha motivato proprio con il fatto che Lucia e le donne in generale siano vittima di una società violenta. Lucia fuma, ma è solo una libertà fasulla. Si tratta di una regia che comunque amplifica ciò che è contenuto nel libretto e non la bocciamo anche se alcuni eccessi come il trascinamento del cadavere di Arturo e la decapitazione del cervo alla fine della scena di caccia comprendiamo che possano aver suscitato opinioni discordanti. I costumi di Silvia Aymonino con l’uso del kilt e altri accorgimenti legati sempre alla Scozia hanno reso l’ambientazione credibile anche se spostata nel Novecento.
La scenografia di Maurizio Balò è caratterizzata da un grande tendone verde a fare da cornisce alla scena aperta e da finestroni dietro cui sono proiettati video che esaltano l’atmosfera cupa e che caratterizza l’opera: alberi scossi dal vento o mare in tempesta. Qualche problema tecnico sui video che ogni tanto sparivano e una scena avviata senza l’ausilio delle luci ha caratterizzato la prima (non è la prima volta che capita sui video al Carlo Felice).