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In Liguria 600 vittime di infarto l’anno, un paziente su cinque è a rischio recidiva: il nuovo studio sul “colesterolo cattivo”

L'analisi, cui ha partecipato anche l'equipe di cardiologia del San Martino, ha coinvolto 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani e ha dimostrato l'efficacia degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9

stetoscopio visita cardiologica
Myriams-Fotos da Pixabay

Genova. Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia, con 217mila decessi all’anno, di cui circa 7.000 in Liguria, 600 dovuti a infarto. Con un paziente su cinque a rischio di un secondo evento cardiovascolare entro il primo anno dopo un infarto, il colesterolo LDL (C-LDL) rappresenta un fattore modificabile fondamentale per prevenire nuovi eventi, ma l’80% dei pazienti non raggiunge i livelli raccomandati, esponendosi a possibili recidive.

I dati sono elencati nello studio italiano At Target-It coordinato dal professor Pasquale Perrone Filardi, direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell’Apparato Cardiovascolare dell’Università Federico II i Napoli e presidente SIC (Società Italiana di Cardiologia), che ha coinvolto l’U.O. di Cardiologia dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova diretta dal professor Italo Porto.

Lo studio ha coinvolto 771 pazienti post-infarto trattati in 22 centri italiani, e i risultati sono stati recentemente pubblicati sull’European Journal of Preventive Cardiology, supportando l’efficacia dell’approccio denominato “Colpisci presto, colpisci forte”: intervenire subito dopo l’infarto, in modo intensivo, con anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, così da abbassare i livelli di colesterolo LDL fino al 70%. Il 68% dei pazienti ha raggiunto l’obiettivo raccomandato di LDL (55 mg/dL) già al primo controllo, offrendo così una protezione efficace e sicura nella delicata fase post-infarto.

“I pazienti che hanno avuto un infarto sono considerati ad altissimo rischio. Le linee guida europee raccomandano di raggiungere livelli di LDL inferiori a 55 mg/dL, e addirittura sotto i 40 mg/dL per chi ha avuto multipli eventi cardiovascolari – spiega il professor Perrone Filardi – Tutti i pazienti dopo l’infarto dovrebbero fare un controllo dopo 4 settimane di terapia anti-lipidica per verificare l’efficacia del trattamento e se i livelli di LDL non sono ancora ottimali, è necessario modificare e ottimizzare la terapia”.

Il registro italiano At Target-It dimostra per la prima volta nella pratica clinica una chiara correlazione: più basso è il livello di LDL, minore è il rischio di nuovi eventi cardiovascolari, con benefici evidenti già dopo 11 mesi. Infatti, i pazienti che hanno raggiunto l’obiettivo di LDL <55 mg/dL hanno visto una significativa diminuzione del rischio rispetto a quelli che non l’hanno raggiunto e che hanno livelli superiori. 

“Il nostro centro ha coinvolto 50 pazienti nello studio e i risultati ottenuti confermano i dati nazionali: l’uso tempestivo degli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 si è dimostrato efficace nel raggiungere il target di LDL di 55 mg/dL nel 70% dei casi, – aggiunge il professor Italo Porto – Da tempo applichiamo l’approccio ‘colpisci presto, colpisci forte’ sui pazienti ad alto rischio, e gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 hanno evidenziato ottimi risultati nella riduzione dei livelli di LDL”.

L’efficacia dell’approccio “colpisci presto e colpisci forte” dipende in modo significativo anche dall’aderenza alla terapia. Secondo la letteratura scientifica, solo circa 5 pazienti su 10 (45,9%) a rischio molto alto e 3 su 10 (30,2%) a rischio medio seguono regolarmente una terapia ipolipemizzante tradizionale.

“Nella pratica clinica l’aderenza alla terapia con gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 è molto alta, oltre il 90%, e questo è fondamentale per abbattere il rischio di nuovi eventi cardiovascolari. – prosegue Porto – I motivi sono principalmente due; la prima ragione è legata all’educazione e formazione dei pazienti, che, avendo vissuto l’esperienza dell’infarto, sono sensibilizzati e quindi attenti a seguire le indicazioni dello specialista; la seconda motivazione è che la terapia con gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, sebbene venga somministrata in combinazione con le statine, viene percepita e considerata in modo differente, sicura e più efficace.”

 

 

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