Genova. “Come faremo a sopravvivere senza di te bambino mio, ora sei il mio angelo. Mamma”. Il dolore di Cristina Carrara trapela crudo dalle poche parole condivise sui social all’indomani della notizia del tragico incidente in Svizzera in cui ha perso la vita il 28enne genovese Giacomo Boero, istruttore di torrentisimo in forze al Cai.
Il giovane è morto il primo novembre dopo essere rimasto incastrato con un piede nella fessura di un crepaccio mentre affrontava la discesa del Segnes, un’impegnativa forra nei Grigioni. Sulla dinamica dell’incidente, avvenuto davanti ai compagni, stanno compiendo accertamenti le autorità cantonali, mentre la famiglia e gli amici, schiacciati dal dolore, attendono notizie su quando potranno celebrare i funerali e dare a “Jack” l’ultimo saluto.
Boero abitava a Quarto, in via degli iris, con la famiglia. Dipendente dell’Esselunga di via Piave, lascia la sorella Erica, il papà Luigi, la mamma Cristina e la fidanzata Cristiana, oltre a tantissime persone che hanno condiviso con lui alcune tra le sue più grandi passioni: il torrentismo (chiamato anche canyoning), appunto, lo sci in quota e anche il calcio, sport che ha praticato per diversi anni militando anche nell’Atletico Quarto.
“La tragedia accaduta due giorni fa ci toglie le parole e il fiato. Giacomo ha fatto parte della famiglia Quarto per due anni, onorando la sua maglia sempre – è stato il commento della società – L’Atletico Quarto si stringe attorno alla sua famiglia e partecipa al suo dolore”.
Anche il Cai ha voluto manifestare vicinanza alla famiglia ricordando Boero: “Giacomo aveva maturato una grandissima passione per il canyoning, tanto da aver accumulato un notevole curriculum in pochi anni di attività. Oltre ad avere moltissimi contatti in Italia e Svizzera, Jack era molto attivo nel mondo torrentistico genovese, sempre in cerca di compagni di gita, anche per organizzare uscite in cui coinvolgere i neofiti – è stato il commento – Da parte del nostro gruppo GOA Canyoning e della sezione Ligure sentite condoglianze alla famiglia, alla fidanzata ed agli amici”.
L’Ente Nazionale Guide Canyoning, di cui il 28enne faceva parte, ha confermato come Boero fosse “un torrentista appassionato, con un’incredibile voglia di apprendere e un desiderio sempre vivo di migliorarsi. Aveva appena iniziato un percorso per diventare professionista, spinto dalla volontà di trasformare la sua passione più grande in una missione di vita. Purtroppo, una tragica fatalità ce lo ha strappato prematuramente. In pochi anni aveva già costruito un curriculum di grande valore, percorrendo molte delle principali forre dell’arco alpino”.
“Giacomo aveva un cuore immenso, sempre pronto a condividere e a mettersi in gioco. Percorreva chilometri su chilometri, mosso dall’entusiasmo di scoprire nuove discese da affrontare con i suoi amici – proseguono dall’ENGC – La sua generosità e disponibilità lo avevano fatto conoscere e apprezzare in tutto l’ambiente del canyoning. All’interno di ENGC, la sua curiosità e il suo spirito di iniziativa erano una costante ispirazione per tutti noi, sempre alla ricerca di nuove opportunità di crescita e conoscenza. Giacomo lascia un grande vuoto, per tutti i sogni che non potrà realizzare e per tutto ciò che avrebbe ancora potuto donare alla nostra comunità”.
La sezione Polizia Alpina della polizia cantonale, intanto, sta continuano a indagare per accertare l’esatta dinamica dell’incidente, coordinata dalla procura svizzera. Stando a quanto ricostruito anche grazie alle testimonianze dei quattro compagni di Boero, il giovane stava scendendo in corda doppia lunga la forra, una delle più impegnative della regione Tschenghel dil Gori, tra il Segnesboden superiore e inferiore, a 2.250 metri di quota. Durante una manovra è rimasto incastrato in una fessura nella roccia con il piede, restando bloccato con il busto verso il basso mentre la forza della cascata lo spingeva contro la parete rocciosa. I compagni hanno tentato disperatamente di liberarlo e sollevarlo, ma gli sforzi sono stati purtroppo vani.