Genova. “È passato un anno, e i miei genitori vivono ancora come nomadi”. Rosanna Cara è la figlia di Mario e Caterina, rispettivamente 77 e 75 anni. La coppia è proprietaria di un appartamento al piano terra del palazzo di via Acquarone, a Castelletto, su cui il 9 novembre del 2023 si è abbattuta una frana causata dal crollo del muraglione sottostante il parcheggio di via Cabrini. Terra, pietre, detriti e persino due auto erano rovinate contro il muro posteriore di tre palazzi di via Acquarone, distruggendo finestre e balconi e tranciando anche i tubi del gas.
Un anno è passato da quel giorno in cui Mario e Caterina, insieme ad altre 11 famiglie, hanno dovuto fare le valigie e chiudersi dietro la porta di casa senza sapere quando avrebbero fatto ritorno. E la situazione è rimasta invariata, se non addirittura peggiorata, visto che di responsabili, per il crollo, sembra non ce ne siano: gli accertamenti della procura hanno confermato l’assenza di irregolarità nella costruzione del parcheggio e il fascicolo penale è stato archiviato. Resta dunque la sede civile, con i conseguenti tempi necessari a stabilire chi debba farsi carico delle spese per la messa in sicurezza, per la rimozione dei detriti e per rimborsare i danni, pesantissimi, causati agli immobili.
“È tutto uguale. Nessuno è potuto ancora rientrare a casa – conferma Cara – Mio padre e mia madre vivono ancora in affitto, con le valigie sempre in mano, in una casa che abbiamo affittato per loro sino a maggio nel levante di Genova, vicino a me e a mia sorella. Dopo maggio chi lo sa, dovremo trovare un’altra sistemazione”.
Di tornare in quell’appartamento che Mario e Caterina hanno comprato nel 1990 ancora non se ne parla. L’immobile non ha l’abitabilità e non sono ancora chiari i costi dei lavori (né gli interventi necessari) per ottenerla. A questo si aggiunge che il materiale franato preme ancora sulle finestre, per ora chiuse con assi di legno: “Ci sono danni ai mobili e alle pareti, c’è tantissimi muffa – conferma Cara – L’appartamento è chiuso da un anno e le finestre sbarrate. Inoltre non c’è il gas, la terra ha sepolto il contatore e tranciato i tubi”.
La coppia, così come le altre famiglie sfollate, deve quindi cavarsela da sola. Il Comune era infatti intervenuto in somma urgenza il giorno della frana per individuare una sistemazione temporanea, ma trattandosi di una vertenza privata e di terreni e immobili privati l’intervento si è fermato alle concitate ore dell’emergenza. La stragrande maggioranza dei proprietari degli appartamenti interessati dalla frana si sono mossi per trovare una sistemazione in autonomia, sperando di rientrare a casa nel più breve tempo possibile, ma a distanza di un anno ciò che è cambiato sono soltanto i soldi spesi, e non solo quelli per l’affitto.
“Non abbiamo mai ricevuto alcun tipo di aiuto – conferma Cara – Le uniche cose che continuano ad arrivarci sono le comunicazioni dell’amministratore di condominio relative alle convocazioni di assemblee. L’ultima è arrivata pochi giorni fa, una convocazione con una tabella in cui sono indicati 70.000 euro di spese da suddividere tra i condomini per i lavori preventivati e per quanto fatto sino a oggi da ingegnere, geometra e avvocati. Insomma, non solo non è cambiato niente: se possibile sta andando sempre peggio, e noi siamo lasciati soli”.