Dati

Edilizia, per la prima volta a Genova i lavoratori stranieri superano quelli italiani

Dei 13.306 iscritti alla cassa edile oltre il 57% hanno una nazionalità diversa, al primo posto gli albanesi. Tafaria (Filca Cisl): "Pochi i giovani italiani in formazione, ma il settore è cambiato"

operai cantiere edilizia

Genova. Su un totale di 13.306 lavoratori iscritti alla cassa edile di Genova sono 7.701 quelli con cittadinanza straniera, una quota pari al 57,86%. Ed è la prima volta, secondo gli ultimi dati disponibili, che si inverte il rapporto tra le maestranze in forza nel territorio della città metropolitana. Un segnale significativo dei cambiamenti profondi in corso, nel settore e in generale nel mercato del lavoro, ma anche uno stimolo ad affrontare questioni ancora irrisolte dal punto di vista sociale.

Gli stranieri attivi nell’edilizia afferiscono a 93 nazionalità diverse. I più numerosi, senza troppo stupore, sono gli albanesi con 2.177 iscritti. Numeri importanti sono anche quelli degli egiziani (1.145), degli ecuadoriani (919) dei rumeni (811), dei marocchini (806). Presenza di peso anche per i tunisini (237), i nigeriani (138) i kosovari (124), i serbi e i senegalesi (117), i peruviani (116) e i moldavi (104).

“È la prima volta che accade, e in questi anni registriamo come ulteriore novità la presenza di lavoratori dall’area indiana, impegnati soprattutto nel Waterfront e nella nuova diga – spiega Andrea Tafaria, segretario generale della Filca Cisl Liguria -. Teniamo presente che molti ecuadoriani e albanesi sono titolari di imprese, ditte artigiane con due-tre dipendenti”.

Per capire la portata del fenomeno e la tendenza futura basta osservare un altro dato: delle circa 90 persone formate dalla Scuola edile genovese grazie ai corsi gratuiti finanziati dalla Regione in accordo con Ance, oltre l’80% erano stranieri. “Gli italiani che arrivano alla Scuola edile sono soprattutto ragazzi che si iscrivono all’istituto per geometri, non ottengono buoni risultati e intraprendono questi percorsi di formazione. In generale sono pochi – prosegue Tafaria -. Uno degli obiettivi che ci siamo posti come Filca Cisl è fare pubblicità al nostro settore, che ormai non è più quello di anni fa”.

L’edilizia, insomma, si porta dietro uno stigma duro da scalfire per le famiglie italiane (non per quelle straniere, evidentemente) sebbene i trattamenti economici siano più che dignitosi: un apprendista neoassunto in cantiere percepisce 1.500-1.600 euro al mese, un operaio specializzato che lavora su turni nelle grandi infrastrutture può arrivare anche a superare i 3mila euro in busta paga con tutte le indennità connesse. E comunque si tratta di mestieri in gran parte qualificati: “Oggi non bastano più schiena e braccia, ci sono nuove tecnologie e bisogna avere cervelli freschi in grado di utilizzarle – prosegue il sindacalista -. Se andiamo verso la ristrutturazione green degli edifici pubblici e privati, il cemento si userà solo per le fondamenta e le infrastrutture, mentre l’edilizia normale impiegherà acciaio, vetro, legno, materiali innovativi che bisognerà saper utilizzare”.

Anche in considerazione di questo scenario, la Filca Cisl ha intrapreso una serie di iniziative coi consolati esteri per istruire i lavoratori stranieri sui temi della sicurezza e della salute: la prima è stata realizzata in collaborazione con quello ecuadoriano, che vanta la comunità più numerosa a Genova.

Il 23 novembre, in vista del congresso della Filca Cisl, si terrà al BiBi Service di via XX Settembre un’assemblea del Coordinamento immigrati insieme all’associazione Anolf. Sarà presente anche il segretario nazionale Claudio Sottile. “Vogliamo incontrarli per capire cosa succede nei cantieri, ma anche per comprendere la loro realtà sociale, per esempio rispetto alle abitazioni. Vediamo che molti di loro, anche se guadagnano esattamente lo stesso degli italiani, sono ghettizzati sempre negli stessi quartieri, probabilmente perché in altre zone i proprietari rifiutano di affittare loro gli appartamenti. Dobbiamo trovare il modo di intervenire anche su questo e migliorare l’integrazione sociale”, conclude Tafaria.

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