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I geologi italiani riuniti a Genova per affrontare la sfida del cambiamento climatico: “Liguria caso tipo per frane ed esondazioni”

Il territorio ligure, caratterizzato da versanti ripidi e da numerosi corsi d'acqua tombati nei pressi delle aree urbane, rappresenta un importante modello di studio per gestire il nuovo assetto climatico

Ricerche disperso Arenzano

Genova. Nei giorni in cui a Baku si tiene la Cop29, la ventinovesima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, e in cui in Sicilia si fanno i conti con l’ondata di maltempo che ha provocato un’alluvione devastante, Genova ospita la fase conclusiva del congresso nazionale dei geologi, figure professionali che mai come oggi rivestono un ruolo primario nell’affrontare le conseguenze del riscaldamento globale.

L’appuntamento si è tenuto a Palazzo della Meridiana venerdì mattina, ed è stata l’occasione per fare il punto della situazione e “sulle sfide da affrontare per il futuro di una professione che ha acquisito un ruolo sempre più centrale nella valutazione degli aspetti geologici, geotecnici, idraulici, sismici, idrogeologici e ambientali – Paolo Airaldi, presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria – Il territorio italiano e non solo, come emerge dai recenti eventi in Spagna, è in trasformazione a causa dei cambiamenti climatici e per questo sono necessarie competenze tecniche altamente specializzate”.

La scelta di concludere il congresso a Genova assume particolare rilevanza alla luce della conformazione geografica del territorio: “Dal punto di vista idrogeologico la Liguria è purtroppo un caso scuola  – conferma Luigi Perasso, vice presidente dell’Ordine regionale dei geologi liguri – la pendenza dei versanti favorisce l’instabilità dei terreni e la particolarità del regime dei corsi d’acqua favorisce l’esondazione soprattutto nelle zone vicine ai centri abitati. Nell’ultimo secolo si è costruito su versanti dove non si era mai costruito perché a rischio. Già in epoca medievale si è iniziato a costruire tombando i corsi d’acqua che attraversano la città, in particolare in quello che viene chiamato l’anfiteatro di Genova, la zona dietro il porto, dalla Lanterna a Forte Sperone, e Carignano”.

ordine geologi congresso

In questa zona, prosegue Perasso, si è costruito sopra corsi d’acqua che sono stati coperti e in alcuni casi deviati e ristretti, e le mappe a disposizione oggi non consentono di tracciare con chiarezza i nuovi corsi, vuoi per la presenza di edifici, vuoi per mancati aggiornamenti: “Delocalizzare, e dunque spostare gli edifici che si trovano in corrispondenza dei corsi d’acqua, sarebbe la soluzione più efficace e meno dispendiosa, ma in assenza di questo bisogna lavorare sulla prevenzione e sullo studio. Censimenti e studi devono essere aggiornati e in modo frequente, è la prima cosa, non devono essere messi nel cassetto e lasciati lì. Basti pensare che io utilizzo tavole del 1832, le uniche che mostrano i corsi d’acqua di cui si ha traccia, e sono fondamentali per la pianificazione del territorio”.

Nessun corso d’acqua, dice Perasso, va sottovalutato oggi: “Il territorio è diventato talmente fragile che basta vi sia una concentrazione di precipitazioni in un determinato punto e qualcosa certamente va in crisi: possono verificarsi frane, esondazioni o crisi della rete dei tombini, che non riescono a gestire la pressione rappresentata dall’acqua e spesso esplodono. In questi ultimi mesi il dissesto idrogeologico ha subito un’ulteriore impennata, la situazione evolve rapidamente sia lungo i versanti sul fronte frane sia dal punto di vista alluvionale. Sappiamo che alcune zone sono esondabili, ma le portate sono cambiate”.

A oggi uno strumento fondamentale per gestire le ondate di maltempo è quello dell’allerta a colori, entrato in vigore nel 2015 in sostituzione della classificazione numerica. È adeguato a gestire questa nuova fase di cambiamenti climatici? “In Liguria il messaggio sembra ormai essere passato – riflette Perasso – Negli anni passati abbiamo assistito a scena in cui le persone restavano sui ponti o sugli argini a filmare fiumi in piena. Fortunatamente questo non accade più, se non in casi isolati ed eccezionali. Invece nei giorni dell’alluvione di Valencia mi ha allarmato e impressionato l’immagine del ponte che di colpo è stato travolto dalla piena, e sopra c’era circolazione sia di auto sia di persone. Si è saputo dopo che l’allerta era stata data in ritardo. In Liguria già giorni prima di una potenziale allerta viene diffusa la notizia che con tutta probabilità verrà emesso un avviso, e le persone sanno cosa comporta. Poi certamente resta l’imprevedibilità dei fenomeni meteorologici. Oggi è sempre più difficile avere un quadro preciso di ciò che accadrà in caso di maltempo, è tutto molto imprevedibile”.

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