Genova. La consigliera municipale di Fratelli d’Italia Cinzia Massa si è dimessa da presidente della terza commissione in municipio Bassa Val Bisagno dopo la bufera sollevata in merito a un post sui social, poi rimosso, in cui diffamava con toni discriminatori il consigliere comunale Simohamed Kaabour che, per quel motivo, l”ha querelata attraverso i legali Francesco Palli e Alessio Ciaravino.
Sulla questione il centrosinistra in consiglio municipale ha presentato un’interrogazione al presidente Angelo Guidi che ha risposto dando appunto la notizia delle dimissioni.
Guidi ha anche condannato il gesto: “Censuriamo quanto espresso sui social. La consigliera Cinzia Massa, dopo essersi pentita sia nella forma sia nel contenuto di quanto scritto, ha rimesso a me personalmente e alla maggioranza la presidenza della terza commissione, in qualità di presidente del municipio ho ritenuto che non vi fossero più le condizioni per una sua permanenza in tale ruolo ed ella ha rassegnato le dimissioni. Sono personalmente rammaricato di quanto accaduto perché durante questi due anni e mezzo alla presidenza della terza commissione ha gestito l’incarico con professionalità e attenzione alle tematiche del territorio. Interpretando il pensiero della maggioranza del municipio Bassa Val Bisagno ho personalmente presentato le mie scuse al consigliere Simohamed Kaabour”.
Ma all’opposizione non basta: Partito Democratico (Fabrizio Ivaldi, Marco Del Gatto, Giorgio Di Lisciandro, Alessandra Leonardo e Luca Mastropietro), della Lista Noi con Massimo Ferrante (Maria Teresa Ruzza e Maria Carlucci), di Genova Civica (Enrico Sergio Davico), della Lista RossoVerde (Gabriele Ruocco) e del Movimento 5 Stelle (Alfonso Nalbone) chiederanno che Cinzia Massa si dimetta anche da consigliera.
La frase, poi rimossa dai social, era “Non vi basta un africano in parlamento, lo volete anche in Regione?”. Il riferimento vedeva il nome di Kaabour associato a quello di Aboubakar Soumahoro, il deputato eletto con Alleanza Verdi Sinistra (oggi gruppo Misto), coinvolto – ma mai condannato – nell’inchiesta sulla gestione di cooperative di accoglienza migranti. La moglie e la suocera di Soumahoro erano finite ai domiciliari, poi revocati, dopo essere state accusate di aver gestito in maniera illegale e poco trasparente il denaro destinato ai migranti ospitati nei loro centri, in provincia di Latina.