Dopo 44 anni

Va in pensione il pm simbolo del processo Morandi ma resterà super consigliere dell’accusa

Massimo Terrile tra tre settimane lascerà il suo ufficio dopo 44 anni, ma potrà ancora dare un supporto ai pm Cotugno e Airoldi nella fase finale del maxi processo. Domani al via l'integrazione di perizia

Generico ottobre 2024

Genova. Massimo Terrile, il pubblico ministero che più di tutti ha messo insieme i tasselli dell’inchiesta che ha portato al processo per la strage del 14 agosto 2018 costata la vita a 43 persone, va in pensione. La data è ormai, vicinissima: il 6 novembre. In questi anni, al nono piano di palazzo di Giustizia, in molti hanno sperato in una legge che consentisse ai magistrati di poter prorogare l’età della pensione oltre il settantesimo anno di età, ma alla fine quell’emendamento era stato ritirato. E neppure è possibile, come accade invece per i dipendenti pubblici, che possano essere prorogati con un contratto ah hoc a titolo gratuito.

Così il pm simbolo del processo Morandi dopo 44 anni anni di servizio (non a caso era definito all’epoca un enfant prodige dai colleghi) dovrà a breve svuotare il suo ufficio al nono piano del Tribunale. Quell’ufficio praticamente sempre con la porta aperta, da dove chiunque poteva vedere oggi il magistrato impegnato a  scrivere o a studiare al pc le carte dell’inchiesta. In pochi, a dire il vero – avvocati compresi – hanno varcato quella soglia perché Terrile è sempre stato un pm preparatissimo e apprezzato quanto severo al punto di incutere un certo timore.

Ma l’addio formale all’inchiesta a poi al processo che lo ha visto impegnato senza sosta negli ultimi sei anni, non significa che di questa vicenda Terrile non si occuperà più. Troppo importante il contributo che potrà ancora dare ai colleghi Walter Cotugno e Marco Airoldi (che è stato aggiunto come terzo pm dell’accusa due anni fa anche in vista di questo momento), che in questi ultimi anni hanno interrogato in aula, testimoni, periti e consulenti, consultandosi poi con lui al termine di ogni faticosissima udienza.

La legge, se non prevede alcun contratto o consulenza formale per un magistrato in pensione, consente tuttavia alla pubblica accusa di confrontarsi con gli ex colleghi in veste di “consiglieri” esperti senza dover formalizzarne un ruolo, cosa d’altronde è accaduta in passato.

Terrile, fra l’altro,  è colui che ha stilato la ‘memoria’ iniziale del ponte Morandi depositata all’inizio del processo, un libro di 3mila pagine che mette insieme intercettazioni, documenti, testimonianze, regolamenti e perizie che hanno consentito di mandare a processo 58 persone, tra cui gli ex vertici di Aspi e Spea.

 E ancora oggi, a tre settimane dalla pensione, sta lavorando alla memoria finale, che sarà depositata con la requisitoria dei colleghi. Questo secondo mastodontico lavoro sarà il principale lascito del magistrato al processo. Ma anche su questo, pur con il passaggio di penna ai colleghi, potrà dare ancora il suo contributo.

Domani, 15 ottobre, intanto per il processo Morandi di aprirà una nuova fase decisiva. Il collegio ha disposto un’integrazione della perizia sulle cause del crollo sulla base di quanto emerso dal dibattimento e in particolare dai consulenti delle difese. In pratica il tribunale vuole capire se la corrosione dello strallo della pila 9 sia dovuta a fattori ‘endogeni’ (ossia tutta interna allo strallo e non valutabile dalle ispezioni) o abbia causa anche esterne dovute alla scarsa manutenzione che avrebbe consentito all’acqua di infiltrarsi nella zona dell’antenna.

L’integrazione di perizia è stata affidata agli stessi periti che si sono occupati di individuare le cause del crollo. L’esame documentale comincerà domani in aula. E il processo sarà probabilmente rinviato di due-tre mesi in attesa dell’esito.

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