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Sicurezza, Comune pronto a estendere l’ordinanza “anti kebab” anche a Sestri Ponente

L'idea è quella di replicare i provvedimenti presi in centro storico e a Sampierdarena. Ma secondo molti non basta: "Bisogna che le grandi aziende limitino i subappalti con manovalanza straniera sottopagata"

via sestri

Genova. Dopo il centro storico e Sampierdarena, il Comune di Genova sta valuntando l’ipotesi di estendere l’intesa commerciale anche a Sestri Ponente, per limitare la diffusione di negozi etnici nel quartiere. La decisione è emersa durante l’assemblea pubblica organizzata questo pomeriggio nei locali del municipio di Sestri Ponente per presentare alla cittadinanza il master plan di rigenerazione urbana del quartiere.

Dopo la presentazione della “visione”, infatti, tantissime le domande rivolte al vicesindaco Pietro Piciocchi, presente all’incontro. Oltre a quelle relative ai disagi patiti dai residenti a causa delle vibrazioni legate alle lavorazioni del cantiere del ribaltamento a mare di Fincantieri, in tanti hanno chiesto un maggiore impegno delle istituzioni per garantire la sicurezza, lamentando la presenza sempre più massiccia di disagio legato ad alcool e il suo abuso.

Una delle possibilità messe sul tavolo da parte dell’amministrazione civica è quella di estendere anche a Sestri Ponente l’intesa commerciale già in essere in centro storico e a Sampierdarena – soprannominata ai tempi “ordinanza anti kebab – che, di concerto con Sovrintendenza, Camera di Commercio, associazioni di categoria, ha attuato un giro di vite sulle autorizzazioni all’apertura di determinate attività commerciali.

Sul banco degli imputati, secondo tanti cittadini, i negozi etnici  che spesso “hanno regole a parte” rispetto alle altre attività commerciali. Da qui l’idea di una limitazione che potrebbe quindi riguardare il diniego all’apertura di negozi come sexy shop, minimarket, money transfer e fast food con cibo precotto cioè tutte quelle attività considerate appunto “etniche”, dal cibo agli accessori , favorendo quindi – questa sarebbe l’intenzione – l’insediamento di esercizi di qualità.

Una proposta che ha visto l’apprezzamento di molti presenti, ma non di tutti: secondo diverse presenti, infatti, molti problemi sono legati alla pratica dei subappalti selvaggi delle grandi aziende, Fincantieri su tutti, che da anni stanno “importando”, attraverso aziende subappaltanti, centinaia di lavoratori stranieri, con contratti di lavoro di bassa qualità e che spesso si riversano poi nel quartiere senza una reale e possibile integrazione. Da qui nascerebbe quindi il disagio: la richiesta è quindi quella di chiedere alle aziende di limitare questa pratica. “L’interlocuzione è già in atto su questo tema – ha assicurato sempre Piciocchi – e da Fincantieri abbiamo più volte ricevuto assicurazioni che vanno in questa direzione”.

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