Le indagini

Delitto del trapano, Fortunato Verduci non si presenta per l’interrogatorio chiesto dall’accusa

Non potrà invece sottrarsi al nuovo prelievo di Dna, che sarà eseguito non appena il giudice fisserà l'incidente probatorio

Luigia Borrelli e Fortunato Verduci, delitto del trapano

Genova. All’invito a comparire inviato a lui e ai sui legali dalla pm Patrizia Petruzziello, Fortunato Verduci, indagato per il delitto del trapano, ha risposto nei giorni scorsi con una lettera, inviata via pec all’accusa dagli avvocati Nicola Scodnik e Giovanni Ricco in cui spiega che ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere.

E quindi questa mattina non si è – come è suo diritto – presentato in Procura per l’interrogatorio. Il carrozziere con i suoi legali ha sempre negato ogni coinvolgimento nel delitto.

Non è ancora stato fissato invece dal gip Alberto Lippini l’incidente probatorio con il nuovo prelievo del Dna e la nuova comparazione. In quel caso, prevede la legge, se Verduci non vorrà sottoporsi al prelievo tramite tampone, il prelievo sarà comunque eseguito in maniera “coattiva”.

Il carrozziere 65enne, di cui sia il gip sia il tribunale del Riesame hanno negato l’arresto, continua a svolgere il suo lavoro in un’autofficina di Staglieno. La pm chiuderà le indagini dopo l’esito dell’incidente probatorio. Si tratterà di fatto della terza comparazione del Dna di Verduci con quella di #UOMO1, vale a dire con le tracce trovate sulla scena del cold case di vico degli Indoratori, che hanno portato entrambe – sostengono sia l’accusa sia i giudici che pur hanno detto no alla richiesta di custodia cautelare – a una identificazione univoca dell’autore del terribile delitto.

Intanto si attende per la fissazione dell’udienza davanti alla Corte di Cassazione a cui si è rivolta la Procura per ribadire le esigenze di custodia cautelare in carcere. Nel frattempo Verduci resta indagato a piede libero per omicidio volontario aggravato dai futili motivi e della crudeltà. Il movente secondo l’accusa è stato quello della rapina (anche se questo reato è ormai prescritto).

Luiga Borrelli, alias ‘Antonellaì aveva cominciato a prostituirsi a causa dei debiti lasciati dal defunto marito.  I figli di questa doppia vita non ne sapevano nulla ma sapevano che la donna aveva una discreta disponibilità di denaro.

Incrociando varie testimonianze dell’epoca e alcune più recenti emerge che ‘Antonella’ guadagnava circa 400-500mila lire al giorno. E teneva i soldi nel portafoglio. Il delitto si è consumato tra le 21 e le 23 e Verduci secondo l’accusa è stato l’ultimo cliente di Antonella. Ma sulla scena del delitto venne trovata solo la borsa rovesciata: nessun portafoglio e nemmeno i soldi per un caffè. E’ quasi che i due non abbiano avuto un rapporto sessuale perché non sono state trovate tracce di liquido seminale riconducibili a Verduci né sul corpo della donna né tra i numerosi preservativi usati trovati nel basso.

Quella sera probabilmente tra i due, che avevano fumato insieme un paio di sigarette (lui fumava le diana blu, allora come oggi) sarebbe nata una discussione che si è trasformata in un delitto ferocissimo. Antonella era stata picchiata e strattonata, poi colpita con uno sgabello e tramortita. Poi l’assassino ha attaccato il trapano – rimasto lì dopo alcuni lavori – e le ha praticato 15 fori in zone vitali. E se ne è andato con l’utensile lasciato conficcato nel collo della donna.

 

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