Genova. “E’ presto per i totonomi”. E’ la frase che si sente ripetere più spesso, all’alba di ogni nuova campagna elettorale, da qualsiasi partito o coalizione. E però la tentazione è più succulenta del buon senso e i ragionamenti, per quanto “prematuri” o “controproducenti” prendono forma negli ambienti della politica e della società civile, nelle chat e sulle bacheche, nelle riunioni ristrette, e talvolta nella mente dei singoli protagonisti.
Tuttavia, all’indomani della vittoria di Marco Bucci alle Regionali, e quindi con all’orizzonte – al più tardi – le elezioni per il Comune di Genova a giugno 2025, non è poi così presto per parlare di candidati. Lo sanno anche quelli che dicono che non si fa.
Il centrosinistra prova a riprendersi Genova, tra i nomi Sanna, Pinotti, Pandolfo. Pirondini perde quote
Nel centrosinistra è stato lo stesso Andrea Orlando, nella conferenza stampa a caldo dopo la sconfitta, a far capire che la battaglia per le comunali di Genova – considerata alla stregua di una Stalingrado progressista con il centrosinistra avanti di 8 punti sugli avversari e il Pd primo partito al 30% – è già iniziata. E allora il centrosinistra deve riuscire a non ripetere gli errori delle Regionali: dilaniarsi in discussioni che dovrebbero essere interne e invece finiscono sempre per essere esposte ai quattro venti, trasformare la scelta del candidato o della candidata in uno stillicidio come quello messo in atto persino con un nome certo da mesi come quello di Orlando.
Una cosa è chiara, almeno stando a dialoghi intercettati già lunedì sera al quartier generale del Mog. Il campo largo deve andare avanti ma se c’è una forza con diritto di prelazione sulla scelta del candidato, quella forza è il Pd. E quindi perde quota l’ipotesi che era stata ventilata prima delle elezioni e che avevano interpretato la scelta del senatore M5s Luca Pirondini di togliere dal tavolo la propria candidatura a presidente della Regione come una neppure troppo velata disponibilità a candidarsi a sindaco poi. Con un Movimento 5 Stelle che scende sotto il 5% le pretese sono ridimensionate.
Chi può avanzarle, le pretese, è senza dubbio Armando Sanna che, in realtà, da tempo – ridendo e scherzando – va ripetendo che fare il sindaco di Genova non gli dispiacerebbe affatto. Mister preferenze, con 8000 voti, vicino all’ex presidente della Regione Claudio Burlando, già sindaco di Sant’Olcese e già vicepresidente del consiglio regionale, rispetto a qualche tempo fa può vantare il pedigree. E il risultato alle urne non può lasciare indifferenti i vertici del partito.
Ci sono altri due nomi in ballo, uno legato all’altro, e per certi aspetti interscambiabili: Alberto Pandolfo e Roberta Pinotti. Alberto Pandolfo è consigliere comunale a Genova ma in caso di permanenza di Andrea Orlando in Liguria prenderà il suo posto alla Camera come primo dei non eletti. Roberta Pinotti, che si è spesa non poco per quest’ultima campagna elettorale, non ha bisogno di presentazioni: ex ministra della Difesa nei governi Renzi e Gentiloni, e già candidata alle primarie per le comunali genovesi che poi videro la vittoria di Marco Doria ha, come Sanna, una grande passione per il podismo. Pandolfo è stato a lungo collaboratore di Pinotti a Roma.
C’è poi un’altra idea che circola, ed è quella del nome dello stesso Andrea Orlando. Che, però, appare poco probabile per più una ragione. Orlando, peraltro, deve ancora sciogliere le riserve sulla possibilità di restare a capo dell’opposizione in consiglio regionale – situazione auspicata da molte forze della coalizione, e del Pd – oppure tornare a svolgere il suo incarico di parlamentare a Roma.
Se invece, i progressisti volessero puntare su un “civico” un nome ci sarebbe: Alessandro Cavo. Il presidente genovese di Confcommercio ha più volte smentito di voler entrare nella “politica politicante” ma ultimamente si è visto non poco attivo nella critica al governo genovese e ha partecipato, intervenendo, anche a uno degli incontri per la stesura del programma di Orlando.
Centrodestra a rischio “cavalleria rusticana”: Piciocchi in pectore, Lilli Lauro scalpita, incognita Lega
Quando Marco Bucci, l’11 settembre scorso, ha annunciato la propria candidatura a presidente della Regione Liguria, al suo fianco aveva Pietro Piciocchi, il suo vicesindaco e super assessore (da solo gestisce oltre una dozzina di deleghe) che, per qualche settimana era stato anche tra i possibili candidati governatori. In quel frangente, e poi nelle settimane successive, Piciocchi ha dichiarato di essere a disposizione per diventare il prossimo sindaco di Genova. Lo ha ribadito poche ore fa anche ai nostri microfoni, facendo notare che è “arrivata anche la benedizione di Salvini” (dichiarazione raccolta dall’emittente Primocanale).
Ma se sembra che Bucci abbia posto come conditio sine qua non per la sua corsa alle Regionali la garanzia di una candidatura a sindaco “per Pietro”, oggi quella certezza non c’è più. La batosta presa dal centrodestra a Genova potrebbe rendere scomoda una figura così vicina, quasi sovrapponibile, a quella del sindaco. Inoltre Piciocchi, agguerritissimo in questa campagna elettorale, ha alzano la posta in gioco e con convinzione su alcuni dei progetti che a Genova sono considerati più divisivi: funivia, waterfront, stadio.
Il punto è che, anche se i partiti – soprattutto Fratelli d’Italia, primo con il 13,5% delle preferenze a Genova – volessero un’alternativa, trovarla è tutt’altro che facile. Chi vedrebbe come stimolante una campagna elettorale da sindaca è Lilli Lauro, recentemente passata a Fratelli d’Italia dalla Lista Toti, non particolarmente performante in questa tornata delle Regionali ma considerata negli anni una cosiddetta “macchina da voti”. Sembra avere meno chance un’altra totiana, Ilaria Cavo, il cui nome non aveva convinto la coalizione e i vertici di partito a Roma, per le Regionali, in parte proprio per la vicinanza all’ex governatore.
Ci sono poi altri due nomi, entrambi di casa Lega: Alessio Piana, che ha preso il numero maggiore di preferenze della sua lista alle regionali, e che in Comune a Genova è già stato in passato come consigliere e come presidente del consiglio. Ma soprattutto il viceministro Edoardo Rixi, nome di peso, che potrebbe essere schierato in caso la sfida si profilasse contro un cosiddetto o cosiddetta big della politica. Tuttavia trovare la sintesi su un nome, viste le varie correnti interne al Carroccio, sarebbe talmente complicato che Matteo Salvini ha preferito, almeno al momento, far convergere il supporto sul nome di Piciocchi.