Giro di boa

Balneari, le concessioni tornano in ballo: il Comune di Genova mette a “gara” 23 stabilimenti

Al via la fase di evidenza pubblica, 30 giorni per chi vorrà subentrare: previsti maxi indennizzi per i gestori uscenti. E le spiagge libere? Mascia: "Siamo già sopra il 40%"

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Genova. È iniziata la procedura di evidenza pubblica per l’assegnazione in concessione di 23 stabilimenti balneari sul litorale genovese. Si tratta delle famose gare imposte dalla direttiva europea Bolkestein, anche se l’iter scelto dal Comune è un po’ diverso. Da ieri, in pratica, gli eventuali concorrenti hanno un mese di tempo per presentare una proposta migliorativa e subentrare agli attuali gestori, che hanno già inviato i loro progetti entro il 15 luglio con l’obiettivo di mantenere le loro attività.

Gli avvisi pubblicati sul sito del Comune riguardano la maggior parte delle spiagge genovesi in concessione, quasi tutte nel Levante, alcune ormai storiche, gestite per decenni dalla stessa famiglia. Ci sono gli stabilimenti di corso Italia (Squash, Mangini, Roma, Sporting, Oasis, Santa Chiara, San Giuliano, Nuovo Lido, Estoril), diversi bagni a Sturla, Quarto, Quinto e Nervi, ma anche il Boos e il Lido di Vesima nell’estremo Ponente cittadino.

In realtà, come aveva riferito dall’assessore al Demanio Mario Mascia, erano 30 i titolari che avevano presentato la domanda nei termini, quindi alcuni sono rimasti esclusi dalla prima tranche. Tra questi ci sono i Bagni Doria di Quarto, alcuni chioschi e soprattutto i tre stabilimenti gestiti dalla società in house Bagni Marina Genovese (San Nazaro in corso Italia, Janua a Vesima, Scogliera a Nervi) su cui “sono ancora in corso approfondimenti” e che tecnicamente potrebbero passare in gestione a privati. Due strutture – gli ex Capo Marina e il Caravan Park di Vesima – avevano rinunciato in partenza.

Tursi, con un’apposita delibera varata a maggio ancora prima che il governo Meloni intervenisse con un decreto, aveva già stabilito una serie di misure per mettere in salvo i balneari dagli effetti più drastici della Bolkestein. In caso di avvicendamento, il disciplinare prevede infatti il diritto del concessionario uscente al riconoscimento di un indennizzo in base al valore aziendale parametrato al fatturato annuale del 2023 moltiplicato per 2,5. Anche i costi residui al netto degli ammortamenti andranno rimborsati sulla base di una perizia affidata dal concessionario uscente, che potrà disporre di tutti i beni e le opere amovibili. D’altra parte l’amministrazione potrà chiedere agli attuali gestori, per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, di demolire a loro spese le opere non amovibili non ancora incamerate dallo Stato.

Questi criteri, ancora più tutelanti rispetto a quelli stabiliti a livello nazionale, rimangono validi perché la normativa del governo ha fatto salve “le procedure selettive già avviate”. L’intero provvedimento del Comune rischiava di essere fermato dal Tar, ma è stato poi salvato da una sentenza di agosto che ha respinto il ricorso di un imprenditore con motivazioni tecniche più che di merito. Tutti i contenziosi con le imprese sono state chiuse e gli stessi sindacati dei balneari si sono dichiarati soddisfatti dell’intesa con Tursi.

Scaduto il termine del 31 ottobre, a valutare le istanze dei soggetti che cercheranno di acquisire gli stabilimenti balneari con un progetto alternativo sarà un’apposita commissione che stilerà una graduatoria sulla base di una serie di criteri. Su un massimo di 100 punti, 35 riguardano l’offerta tecnica (16 per la riqualificazione delle strutture in maniera sostenibile e rispettosa del paesaggio, 12 per l’accessibilità e percorribilità della battigia eliminando le barriere architettoniche, 7 per opere di difesa costiera contro l’erosione e le mareggiate), 15 per il piano di gestione (servizi aggiuntivi anche fuori stagione, aree ludico-sportive e sociali, dotazioni tecnologiche, aree per animali) e ben 50 punti per aspetti come parità di genere, partecipazione giovanile, esperienza già acquisita, utilizzo della concessione come fonte prevalente di reddito nei cinque anni precedenti, clausole sociali a favore della stabilità occupazionale.

La durata della concessione, da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, verrà stabilita in base agli investimenti proposti. Tutta la procedura dovrà concludersi entro il 2024 e in questo modo Genova dovrebbe chiudere l’annosa vicenda Bolkestein con netto anticipo rispetto ad altre località italiane che si avvarranno della proroga al 2027 (fino al 2028 in presenza di “ragioni oggettive” che impediscano di procedere alle gare) concessa dal Governo d’intesa con l’Unione europea.

Una volta chiusa la partita delle concessioni, rimarrà sullo sfondo quella delle spiagge libere, che in Liguria scarseggiano (a meno di non considerare moli e scogliere al pari della sabbia) e nel capoluogo comunque non abbondano. “Oggi Genova supera la quota del 40% stabilita dalla legge regionale”, spiega l’assessore Mario Mascia. A determinare lo sforamento della soglia è stata la liberalizzazione degli ex Capo Marina in corso Italia, trasformata in spiaggia inclusiva per disabili (nonostante il ritardo dei lavori quest’estate). Questa “rimarrà una spiaggia libera”, assicura l’assessore, mentre l’area di Vesima potrebbe essere messa nuovamente a gara.

Nei cassetti di Tursi c’è ancora il Proud, progetto di utilizzo del demanio marittimo approvato in extremis dalla giunta Doria nel 2017 e mai applicato, che prevedeva un riassetto generale delle concessioni. Ma anche un piano della prima giunta Bucci, definito finora “non prioritario”, per ricavare sette nuove spiagge dove oggi ci sono scogliere o distese di ciottoli. “Non è escluso che torneremo a lavorarci per studiare una nuova configurazione“, conclude Mascia.

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