Genova. Tra difendersi per strategia e farlo perché si è in balia ce ne passa. E per qualche istante che fosse strategia lo si è pensato. Anche perché lo stesso Gilardino aveva parlato di un Genoa che avrebbe dovuto fare la partita, ma all’atto pratico non ci è riuscito. E al di là delle parole di circostanza di Thorsby, anche con la vittoria 1-0 il Genoa avrebbe avuto di che preoccuparsi.
La difesa a oltranza dopo il gol di Pinamonti è stata negativa anche prima del gol di Borini. Pericoli a ripetizione, da Depaoli ai due tiri di Coda, alla rasoiata di La Gumina fino alle scorribande di Tutino. La rete ha segnato il culmine del calo psicologico della formazione rossoblù. Così come allo sbaglio di Miretti al primo rigore, poi pareggiato da quello di Benedetti ed infine l’errore determinante di Zanoli che ha concesso a Barreca di tingere il derby di blucerchiato. Tanto il dispiacere dei rossoblù, come normale che sia dopo una sconfitta così emotivamente pesante, che hanno ricevuto per la prima volta in stagione i primi fischi dalla Gradinata Nord. Qualche applauso c’è stato, ma la disapprovazione ha prevalso.
“Avremo noi il possesso della palla, dovremo gestirlo bene, ma guai ad avere la presunzione di essere più forti”, aveva dichiarato Gilardino nel prepartita. Un annuncio di un piano gara che poi ha visto un suo stravolgimento in fase di partita. Lecito, un allenatore valuta tante opzioni e mette in pratica quella che ritiene più opportuna. La tattica attendista a volte non è così sbagliata, se poi si è pronti a ripartire in avanti con intensità. Ma anzi, probabilmente nel calcio moderno è difficile trovare un metodo più attendista rispetto ad un altro. Tutto questo perché si ragiona più sulle situazioni, sempre variabili nei novanta minuti più recupero, ma con l’intento di mantenere salda la propria identità.
Al Genoa riusciva bene lo scorso anno, con un giocatore di classe assoluta come Gudmundsson pronto ad aiutare ad incidere più qualitativamente, ma anche in alcune partite quest’anno. Un esempio su tutte quella contro l’Inter, giocata con estrema intelligenza sapendo colpire nel momento giusto. Ieri non sembrava esserci stato un particolare piano gara. Dopo il vantaggio, i rossoblù hanno creato davvero poco rispetto a quello che ci si aspettava da una squadra di categoria superiore e che aveva l’opportunità immediata di rifarsi dalla sconfitta di Venezia. L’occasione per il 2-0 se l’è sostanzialmente divorata Vitinha, capace di grandi gesti tecnici ma anche di errori abbastanza gravi su situazioni più semplici. Poi è uscita fuori la Samp che ha ribaltato i pronostici nonostante i cambi di maggiore copertura del Genoa, che ha tolto prima lo stesso Vitinha e poi Pinamonti (due futuri rigoristi).
Sabato contro la Juventus il Grifone è chiamato ad una reazione. Non un avversario facile, chiaramente, che ha alla guida l’ex Thiago Motta ora sulla cresta dell’onda degli allenatori più promettenti del calcio italiano. Se il Genoa è stato considerato “l’ammazza big”, allora per poter rialzarsi dovrà tornare ad un’altra tipologia di approccio. Gilardino è riuscito a dare un’identità forte alla squadra nel corso di questi suoi anni in rossoblù, fin da quando è subentrato a Blessin in Serie B riconquistando la massima categoria. Ma il Grifone ha sempre fatto fatica quando chiamato a condurre il gioco, con giocate offensive sempre più sterili. Al netto delle assenze e di una squadra smantellata dal mercato e dagli infortuni, si doveva fare di più contro Venezia e Sampdoria. Occorre ritrovare quello spirito che crei un punto di incontro tra la qualità dei giocatori e la compattezza tra le linee. Poi chiaramente qualcosa sul mercato serve come il pane, a questo punto gli svincolati, con nomi ponderati.