Le nuove indagini

Delitto del trapano, il cold case a una svolta: indagato un carrozziere genovese 60enne

Ad accusarlo diversi nuovi elementi tra cui il dna. E' accusato di omicidio e rapina. L'uomo avrebbe problemi di dipendenza dal gioco d'azzardo

luigia Borrelli, delitto del trapano

Genova. Nuovo colpo di scena per il cold case dell’omicidio di Luigia Borrelli, l’ex infermiera genovese che si era messa a fare la prostituta per mantenere la famiglia, barbaramente uccisa il 5 settembre 1995, in vico Indoratori 64, nel centro storico di Genova.

Noto come “il delitto del trapano” perché l’utensile fu trovato conficcato nella gola della donna, trovata morta nel basso che utilizzava per prostituirsi, l’omicidio arriva a una svolta: questa mattina gli investigatori della squadra mobile di Genova e della guardia di finanza hanno eseguito un decreto di perquisizione e sequestro a carico di un genovese di circa 60 anni, che lavora come dipendente in una carrozzeria. E’ accusato di omicidio e rapina: quel giorno avrebbe rubato anche l’incasso della donna portandole via il portafoglio dopo averla uccisa.

L’uomo è un giocatore seriale  come avrebbero dimostrato anche gli accertamenti bancari recenti e in passato aveva fatto ricorso più volte al banco dei pegni. Un bisogno spasmodico di soldi quindi, forse, all’origine del delitto.

Le indagini sul primario (deceduto) scagionato dal dna

Le ultime notizie ufficiali sulle indagini relative al delitto del trapano risalgono a un anno fa quando la comparazione del Dna aveva escluso la responsabilità dell’ultimo – in ordine di tempo – dei sospettati del delitto, un ex primario del San Martino morto nel 2021. La comparazione era stata eseguita grazie al dna di alcuni famigliari ma aveva dato esito negativo. A fare il nome del medico era stata nel 2022 una supertestimone a cui la madre, anche lei infermiera e collega di Borrelli, aveva fatto delle confidenza: avrebbe detto che la sua collega aveva una relazione con un primario dell’ospedale in cui lavoravano e che la vittima, nelle mani degli usurai per i debiti lasciati dal marito, lo ricattava. 

Le nuove indagini sul dna trovato sulla scena del crimine

Dopo l’esito negativo della comparazione la pm Patrizia Petruzziello, che coordina la squadra mobile genovese, non si era data per vinta e ha inviato l’arma del delitto, il trapano, al gabinetto della polizia scientifica di Roma. Gli esperti hanno poi estrapolato altro Dna, dai reperti che erano già stati presi all’epoca, con più marcatori, quindi più completo. Gli investigatori hanno anche incaricato la professoressa Isabella Merzagora di eseguire l’autopsia psicologica: si tratta di una profilazione della vittima attraverso una raccolta di testimonianze della sua storia clinica, relazionale e affettiva, in modo tale da eventualmente indirizzare le indagini in un determinato “ambiente”.

Ventotto anni di indagini tra sospettati e suicidi

Nel corso di questi 29 anni l’inchiesta è stata più volte riaperta e archiviata. Il primo ad essere sospettato fu il muratore Ottavio Salis, proprietario del trapano che frequentava il basso perché stava eseguendo alcuni lavori di ristrutturazione. Salis si uccise  il 14 settembre 1995 lanciandosi dalla Sopraelevata il giorno prima che i risultati di laboratorio certificassero la sua estraneità al delitto.

Ma non si trattò dell’unico suicidio in questa drammatica vicenda. Adriana Fravega, ex prostituta e proprietaria del basso dove Borrelli si prostituiva, si uccise qualche mese dopo, il  25 marzo 1996, con un mix di barbiturici. Era sta lei a indicare Salis come possibile assassino e forse il suicidio fu una conseguenza dei sensi di colpa. 

Dieci anni fa invece, a togliersi la vita gettandosi dal ponte Monumentale è stato il figlio di Luigia Borrelli, Roberto. L’uomo che all’epoca dei fatti aveva 22 anni – ed era stato a sua volta nella lista dei sospettati – era da tempo in cura per problemi psichici.

Nell’ambito delle indagini gli investigatori avevano intrapreso varie strade: quella d’una gang di strozzini, visto che si era scoperto che a sua volta Borrelli prestava soldi, poi di un cliente abituale, quindi di un misterioso personaggio che si presentò insanguinato in un albergo della zona. Ora l’ennesima svolta, per la prima volta certificata dal dna.

 

La figlia di Luigia, Francesca Andreini: “ Sono incredula e speranzosa”

Incredula” e, allo stesso tempo “speranzosa” che, questa volta, sua madre possa ottenere giustizia. E’ il commento di Francesca Andreini, figlia di Luigia Borrelli. Andreini, che all’epoca dei fatti aveva 19 anni, sceglie di parlare esclusivamente attraverso il suo legale, l’avvocata Rachele De Stefanis che commenta: “Erano stati disposti nuovi accertamenti irripetibili sui reperti in sequestro e con il nostro consulente,. Nicola Caprioli, eravamo molto fiduciosi. In questi trent’anni, scienza e tecnologia hanno fatto grandi passi avanti, in più abbiamo anche la banca dati del Dna. Non abbiamo ancora la copia degli atti, ma apprendiamo che è stato decisivo, come spesso accade”.

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