Impatto

Piazza Matteotti diventa una distesa di bare: “Sono 127, come i morti sul lavoro in Liguria”

La tappa del tour nazionale della Uil: "La vita va messa prima di ogni profitto, chiediamo al Governo azioni concrete". Le testimonianze di chi ha perso un familiare: "Un'esperienza che non ti lascia più"

Genova. Una distesa di bare di cartone con un sottofondo di musica funebre. Si presenta così stamattina piazza Matteotti, nel pieno centro di Genova. È la tappa del tour nazionale della Uil Zero morti sul lavoro, iniziativa di forte impatto che ha toccato diverse città italiane, a partire da Roma, con l’obiettivo di mettere al centro del dibattito i temi della sicurezza e fermare una strage “che non deve rimanere silenziosa”.

“Queste bare rappresentano i 127 morti in Liguria per incidenti sul lavoro negli ultimi cinque anni – spiega Emanuele Ronzoni, commissario straordinario della Uil Liguria -. Sono 127 famiglie che ancora piangono i loro cari, li hanno visti partire per andare a lavorare e non hanno più fatto ritorno. Vogliamo dimostrare che c’è ancora un’emergenza in questo Paese”.

La vita va messa prima di ogni profitto e per questo – sottolinea Ronzoni – chiediamo al governo risposte concrete: avere più ispettori che facciano verifiche, aumentare le ammende, avere un elenco nazionale delle aziende che non rispettano la normativa sulla sicurezza, non dare la possibilità a queste aziende di accedere a finanziamenti pubblici, istituire una vera e propria Procura speciale, perché in molti casi parliamo di omicidi. L’istituzione del reato di omicidio sul lavoro e il potenziamento dei controlli non sono in antitesi. C’è bisogno anche di formazione e responsabilità dei lavoratori”.

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Dobbiamo cercare di creare una cultura della legalità e della sicurezza sui luoghi di lavoro – specifica Giuliano Zignani, presidente del patronato Ital Uil -. Il problema però non è solo nostro, ma soprattutto della parte imprenditoriale. Quando un datore di lavoro toglie i dispositivi di sicurezza, questo è un omicidio. Se lo fai, sai che può succedere quello che è successo a Prato. Serve la legge per l’istituzione dell’omicidio sui posti di lavoro, è una scelta politica. E poi stiamo insistendo perché gli ispettori vadano di più nei cantieri, nei luoghi di lavoro, e non siano dispersi in mille lavori che non servono assolutamente a nulla”.

In piazza anche le testimonianze di chi ha perso un familiare sul lavoro. Come quella di Riccardo Badi, che da ragazzo ha subito la morte del padre 53enne a causa di un mesotelioma pleurico, il tipico tumore causato dall’esposizione prolungata all’amianto. “Fu un anno terribile, un’esperienza che ti segna e non ti lascia più – racconta -. Mio padre Sandro lavorava all’Ansaldo, era un metalmeccanico. Un giorno camminavamo insieme. Era una persona piuttosto atletica, a un certo punto ci ritrovammo io davanti e lui dietro. E mi disse: mi manca il fiato. Il dottore capì subito, considerato anche dove lavorava, che qualcosa non andava. Da lì è iniziato un calvario che è durato più di un anno. Parliamo di tanti anni fa, probabilmente i rischi non si conoscevano fino i fondi, ma i dpi mancavano”.

Secondo gli ultimi dati Inail, quest’anno in Liguria sono stati 11 gli infortuni mortali sul lavoro. L’incidenza degli infortuni mortali (esclusi infortuni in itinere) in Liguria nel 2024 è stata del 12,6%, al momento identica rispetto al 2023 e già a fine giugno molto più alta del 2022 (4,9%). Nel mese di luglio del 2024 sono state 1.517 le denunce di infortunio sul lavoro in Liguria, esattamente 53 in più paragonate a luglio del 2023. “Sono numeri che ci preoccupano: non possiamo tollerare che ogni giorno in Liguria, come nel resto d’Italia, madri e padri, figlie e figli, escano di casa per recarsi al lavoro e non facciano più ritorno. Oggi a Genova, come nel resto d’Italia, diamo voce e rabbia a questa strage che non può restare silenziosa”, conclude Ronzoni.

Tra le numerose proposte di legge per istituire il reato di omicidio sul lavoro c’è quella presentata dal senatore genovese Luca Pirondini del M5s, che prevede pene fino a dieci anni di reclusione e specifiche aggravanti per i datori di lavoro responsabili.

 

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