Rischioso

Mare inquinato a Genova, divieti di balneazione ignorati (o non segnalati) e zero controlli

Dopo il caso dei ragazzini intossicati, a Punta Vagno e alla Foce si fa il bagno come sempre: "Abbiamo gli anticorpi". Nessuna multa per chi viola le ordinanze

Generico agosto 2024

Genova. Il caso dei bambini finiti all’ospedale dopo aver fatto il bagno alla Foce è un riflettore puntato sul problema: a Genova i divieti di balneazione ci sono, ma quasi mai vengono rispettati. E a volte, come nel caso dei piccoli surfisti su cui la Procura indaga contro ignoti per lesioni colpose, non sono nemmeno segnalati. Il risultato è che molta gente mette a rischio la propria salute o quella dei minori sotto la propria responsabilità, esponendosi a infezioni che in certi casi possono risultare pericolose.

Il caso più emblematico è Punta Vagno, all’inizio di corso Italia. Ovvero, più precisamente, la spiaggia a ovest del depuratore e dei giardini Govi, sotto la distesa di barche dell’associazione sportiva Schenone. Qui vige un divieto di balneazione permanente, correttamente segnalato con più di un cartello, confermato da un’ordinanza che il Comune emette all’inizio di ogni stagione balneare.

spiaggia punta vagno foce divieto balneazione

La ragione non è tanto l’inquinamento, ma piuttosto il fatto che quella porzione di costa è ancora ricompresa nell’area portuale ed è quindi interdetta per ragioni di sicurezza, sia dei bagnanti sia della navigazione. Ciononostante, in quello specchio d’acqua i tuffi sono un’abitudine quotidiana per intere famiglie di genovesi e turisti.

spiaggia punta vagno foce

Avvicinandosi all’imboccatura del porto c’è lo spiaggione della Foce, che si è riformato negli anni dopo la cementificazione di piazzale Kennedy grazie al riporto dei detriti trasportati dal Bisagno. Anche qui il bagno è proibito perché vigono le stesse regole dell’ambito portuale, eppure c’è chi tutti i giorni si immerge senza porsi troppi problemi. “Lo faccio da anni e non mi è mai successo niente – assicura Gino mentre si gode il refrigerio vicino alla riva insieme all’amico Michele -. Certo, l’acqua non è molto pulita, ma noi abbiamo gli anticorpi“, sorride. E il divieto di balneazione? “Non lo sapevo, non l’ho mai visto”.

spiaggia voce

E in effetti, lungo il varco che permette di accedere all’arenile da corso Marconi, non compare alcuna indicazione leggibile. C’è un vecchio cartello blu, staccato per metà, in cui si intuisce la scritta “Vietata la…” che forse proseguiva con “balneazione”.

spiaggia foce cartello

Ed è proprio in questa zona che martedì un gruppetto di ragazzini – alcuni giunti da fuori Genova – iscritti alla quarantesima edizione della coppa Primavela Kinder Joy of moving hanno fatto il bagno. Poco dopo hanno iniziato ad accusare febbre, nausea e vomito e cinque di loro sono finiti all’ospedale Gaslini. La mancanza di una chiara segnalazione del divieto di balneazione è uno degli elementi su cui sta indagando la Procura, sollecitata anche da un esposto dei genitori.

Le analisi successive di Arpal hanno confermato che in quel punto la concentrazione dei batteri fecali Escherichia coli risultava 40 volte superiore alla soglia di rischio per la salute. In pratica i piccoli surfisti si sono tuffati in una fogna a cielo aperto. L’infettivologo Matteo Bassetti l’ha paragonata alla Senna, fonte di malesseri per gli atleti olimpionici a Parigi. L’origine dell’inquinamento non è il porto – dove l’acqua non è certamente salubre – ma lo scarico a mare del collettore fognario che raccoglie l’acqua del rio Noce, passa sotto via Casaregis e infine sbuca proprio tra la spiaggia della Foce e l’insenatura sotto Punta Vagno.

spiaggia punta vagno foce sbocco rio noce

La sfortuna ha voluto che la pioggia dei giorni precedenti avesse contribuito a portare in mare i liquami accumulati a monte. Il punto è che, trattandosi di un’area teoricamente non destinata alla balneazione, non è soggetta ai monitoraggi periodici sulla qualità dell’acqua e perciò – a differenza delle spiagge regolarichi fa il bagno lì non può sapere se rischia di ammalarsi.

Quest’estate a Genova, su 42 tratti di costa balneabili controllati costantemente da Arpal, 20 sono risultati sempre “conformi” e quindi sicuri, 15 sono stati interessati da “non conformità” e conseguenti ordinanze del sindaco che hanno vietato temporaneamente la balneazione finché le concentrazioni di batteri non sono rientrate nei limiti. Il punto più critico è risultato via Flecchia, inquinato in media quasi un giorno su cinque. Dopo lo sversamento dal depuratore di Quinto il 1° agosto è stata emessa un’ordinanza preventiva valida per quattro giorni da Quarto a via Gianelli. E anche in quel caso, dopo una proroga del divieto fino al 6 agosto in zona Bagnara, c’era chi tranquillamente sguazzava in mare.

Tranquillamente, sì, perché i controlli di fatto non ci sono, anche quando le ordinanze sono contingenti e ben segnalate sul lungomare. La legge prevede sanzioni amministrative da 1.032 a 3.098 euro per chi viola il divieto, in base al codice della navigazione. In teoria si potrebbe applicare anche il codice penale, che punisce chi trasgredisce a un provvedimento per ragioni di “sicurezza pubblica” o “igiene” con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro. L’assessore alla polizia locale Sergio Gambino conferma che le multe effettuate sono pari a zero. “Una volta giravano gli argenti in borghese”, raccontano i coraggiosi bagnanti della Foce. Oggi non più, con tutta evidenza.

spiaggia punta vagno foce

Il tema si intreccia anche con la carenza di spiagge libere che lamentano da anni le associazioni dei consumatori. “A Punta Vagno il divieto non lo fa rispettare nessuno, forse per non suscitare il problema – interviene Stefano Salvetti, presidente di Adiconsum Liguria e referente del coordinamento nazionale Mare Libero -. Il sindaco deve intervenire, c’è di mezzo la salute, specialmente quella dei bambini“. Dubbi che aumentano pensando al progetto (che abbiamo raccontato pochi giorni fa) di una nuova spiaggia pubblica adiacente al Waterfront e al futuro parco di Renzo Piano, dove sarebbe difficile far rispettare una norma già oggi ampiamente elusa. “Non vorrei poi ritrovarmela nel conteggio delle spiagge libere, giusto per aumentare la percentuale”, paventa Salvetti.

Per fortuna il Mar Ligure ha caratteristiche che mitigano gli effetti dell’inquinamento di origine fognaria. L’elevata salinità, l’azione del sole, le correnti e soprattutto la notevole profondità già a pochi metri dalla costa contribuiscono a ripulire in fretta l’acqua contaminata. Nella stagione estiva Arpal monitora le acque di balneazione almeno una volta al mese, ogni 15 giorni nei punti con qualità classificata “scarsa” o “sufficiente” in base ai risultati dei quattro anni precedenti. In caso di rilievi non conformi spetta ai Comuni emettere le ordinanze per vietare i tuffi, ma ogni amministrazione può interdire alcuni tratti di costa in maniera permanente: a Genova quest’anno ce ne sono quattro, oltre all’area portuale. Inutile ripetere che la pratica e la teoria raramente coincidono.

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