Analisi

In Liguria si pagano più pensioni che stipendi: Genova la peggiore del Nord Italia

Il Centro studi della Cgia di Mestre ha elaborato i dati dell’Inps e dell’Istat: denatalità, invecchiamento della popolazione, tasso di occupazione molto inferiore alla media UE e troppi lavoratori irregolari

ANZIANI

Genova. In Liguria, a Genova in particolare, si pagano più pensioni che stipendi. È quanto afferma il Centro studi della Cgia di Mestre che ha elaborato i dati dell’Inps e dell’Istat, sì relativi al 2022, ma che sembrano confermare un trend, visto che secondo le previsioni il numero delle pensioni corrisposte anche in questo ultimo anno e mezzo è cresciuto addirittura in misura superiore all’incremento dei lavoratori attivi.

L’analisi riferita al 2022 testimonia che il numero dei lavoratori dipendenti e degli autonomi nel Belpaese sfiorava allora i 23,1 milioni mentre gli assegni corrisposti ai pensionati erano poco meno di 22,8 milioni (saldo pari a +327mila dunque ‘a favore’ dei lavoratori). Ma la situazione presenta notevoli differenze a livello territoriale, con il Mezzogiorno con un nettissimo segno meno.

Com’è la situazione in Liguria? Queste le cifre: 659mila pensionati contro 639mila lavoratori, con un saldo negativo di 20mila unità. Un dato sul quale certamente pesa l’incidenza della popolazione anziana a livello demografico. Tra le 11 province settentrionali che al pari della quasi totalità di quelle meridionali registrano un numero di pensioni erogate superiore alle buste paga corrisposte dagli imprenditori a propri collaboratori Genova è in testa, peggiore del Nord, con un saldo di -20.000 e l’86esimo posto su 107 province. Seguono Savona (-9mila), Imperia (-4mila) e La Spezia (-6mila).

“È evidente, visto la grave crisi demografica in atto, che difficilmente riusciremo a rimpiazzare tutti questi lavoratori che non saranno più tenuti a timbrare il cartellino ogni giorno. Insomma, gli assegni erogati dall’Inps sono destinati a superare le buste paga degli operai e degli impiegati occupati nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici, anche nelle ripartizioni geografiche del Centro e del Nord, mettendo così a rischio – avverte ancora una volta, non certo la prima, la Cgia – la sostenibilità economica del nostro sistema sanitario e previdenziale”.

Le realtà più “assistite”, cioè dove le pensioni superano di gran lunga gli stipendi, sono (tutte al Sud, neanche a dirlo) Lecce, Napoli, Messina, Reggio Calabria e Palermo. “Dall’analisi del saldo tra il numero di occupati e le pensioni erogate nel 2022, la provincia più “squilibrata” d’Italia è Lecce: la differenza è pari a -97mila. Seguono Napoli con -92mila, Messina con -87mila, Reggio Calabria con -85mila e Palermo con -74mila. Va segnalato – prosegue la Cgia – che l’elevato numero di assegni erogati nel Sud e nelle Isole non è ascrivibile alla eccessiva presenza delle pensioni di vecchiaia/anticipate, ma, invece, all’elevata diffusione dei trattamenti sociali o di inabilità”.

“Un risultato preoccupante che dimostra con tutta la sua evidenza gli effetti provocati in questi ultimi decenni da quattro fenomeni strettamente correlati fra di loro: la denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione molto inferiore alla media UE e la presenza di troppi lavoratori irregolari. La combinazione di questi fattori ha ridotto progressivamente il numero dei contribuenti attivi e, conseguentemente, ingrossato la platea dei percettori di welfare. Un problema che non riguarda solo l’Italia; purtroppo, attanaglia tutti i principali paesi del mondo occidentale”.

Così il segretario della CGIA, Renato Mason: “Con tanti pensionati e pochi operai e impiegati, la spesa pubblica non potrà che aumentare, mentre le entrate fiscali sono destinate a scendere. Questo trend, nel giro di pochi anni, minerà l’equilibrio dei nostri conti pubblici. Per invertire la tendenza dobbiamo aumentare la platea degli occupati, facendo emergere i lavoratori in nero e aumentando i tassi di occupazione di giovani e donne che in Italia continuano a rimanere i più bassi d’Europa”.

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