Ritratto

Dal liceo Fermi a Lotta continua, poi l’ingresso nelle Br: chi è il ‘genovese’ Leonardo Bertulazzi arrestato in Argentina

Il sequestro di Piero Costa che finanziò anche il rapimento di Moro, l'incidente a Vesima mentre fabbricava un ordigno. Poi la lunga latitanza e un'estradizione ancora non scontata

Leonardo Bertulazzi

Genova. Figlio di un maresciallo dell’esercito, con la famiglia era immigrato a Genova dal Veneto all’inizio degli anni Sessanta Leonardo Bertulazzi, l’ex brigatista della colonna genovese arrestato ieri a Buenos Aires.

Era cresciuto a Prà, nel ponente genovese e aveva frequentato il liceo scientifico Fermi di Sampierdarena, dove alla fine degli anni Sessanta, megafono in mano – come ricorda lo storico Sergio Luzzatto nel libro dedicato alla colonna genovese delle Br Dolore e Furore – incitava gli studenti del vicino liceo classico Mazzini a fare sciopero. Da lì a poco, insieme all’iscrizione a Lettere, l’ingresso in Lotta continua di cui diventa dirigente, fino alla decisione di fare il grande salto ed entrare a far parte delle Brigate rosse.

L’ingresso nelle Brigate rosse

L’ammissione per lui – e per altri due esponenti della colonna genovese – fu decisa da Rocco Micaletto e Mario Moretti nel corso di una passeggiata serale in corso Italia nell’autunno del 1975.

Nome di battaglia “Stefano”, deciso quella stessa sera, in un locale di Boccadasse dopo il ‘colloquio’.  Bertulazzi è accusato di aver fatto parte del commando di Br che il 12 gennaio 1977 ha sequestrato l’armatore navale Piero Costa. Detenuto in un appartamento di San Teodoro per 81 giorni venne liberato all’inizio di aprile dopo il pagamento di un riscatto da un miliardo e 300 milioni. Al sequestro parteciparono direttamente Mario Moretti e il genovese Riccardo Dura, che era il ‘carceriere’ di Costa, e che nel 1979 uccise Guido Rossa.  Il denaro ottenuto attraverso il sequestro Costa sarà diviso fra le varie colonne, venne investito nell’acquisto di case e armi e consentirà di sostenere i costi dll’organizzazione per molto tempo “Il miliardo e mezzo di Costa ci bastò per quattro anni, praticamente fino al mio arresto, nell’81” dirà in seguito Mario Moretti.

L’incidente di Vesima

Nella stessa estate Bertulazzi era finito in ospedale e in carcere dopo essere rimasto gravemente ustionato da un ordigno che stava fabbricando sugli scogli a Vesima. Era stato soccorso da un passante che aveva chiamato l’ambulanza ed era stato ricoverato a lungo al centro grandi ustionati del Villa Scassi per ferite al volto e alle mani, ricorda sempre Luzzatto, All’epoca ancora non erano stati identificati i sequestratori di Costa e terminato il periodo di carcerazione preventiva “per detenzione e fabbricazione di ordigno” era stato rilasciato.

Negli anni successivi, dopo la scia di sangue lasciata dai brigatisti, dall’omicidio di Guido Rossa a quello dell’allora capo dell’antiterrorismo Antonio Esposito a Genova a diverse gambizzazioni, Bertulazzi come altri aveva deciso che era tempo di sparire.

Quarant’anni di latitanza e il nodo della prescrizione

Mentre Riccardo Dura veniva ucciso durante l’irruzione dei carabinieri del generale Dalla Chiesa nel covo di via Fracchia a Genova, Bertulazzi fuggiva dall’Italia per riparare prima in Salvador e poi in Argentina.

 L’ex Br viveva a Buenos Aires da decenni. Proprio nella capitale argentina era stato arrestato nel 2002. Aveva passato in cella 8 mesi. L’Italia aveva chiesto l’estradizione perché Bertulazzi è stato condannato in via definitiva a 27 anni di carcere per banda armata, sequestro di persona e altri reati. Ma nel 2003  l’estradizione non fu concessa perché i processi si erano celebrati in assenza dell’imputato latitante.

E nel 2004 Bertulazzi aveva ottenuto lo status di rifugiato politico. In Italia le nuove richieste di estradizione hanno avuto anch’esse stop burocratici. Alcuni anni fa la Corte d’assiste d’appello aveva dichiarato prescritta la pena perché non eseguita ad oltre trent’anni dalla condanna e la Cassazione di aveva dato ragione ma una nuova pronuncia arrivata nel 2018i ha invece stabilito che la pena non si è estinta, perché l’arresto avvenuto a Buenos Aires nel novembre 2002 ha interrotto il decorso della prescrizione. Ora la decisione del governo argentino di revocare lo status di rifugiato e l’arresto di ieri.

Tempi lunghi e incerti per l’estradizione

Nonostante l’arresto Bertulazzi, che oggi ha 73 anni, non sarà estradato in Italia in tempi brevi. Occorrerà infatti attendere l’esito del ricorso – già presentato – verso il provvedimento di revoca dello status da parte della commissione argentina che è arrivato dopo una modifica della legge avvenuta negli scorsi mesi. Se venisse respinto, tuttavia Bertulazzi potrà come prevede la legge, fare ricorso anche contro il provvedimento di estradizione e i tempi si annunciano molto lunghi.

 

Lorenzo Carpi, l’ultimo latitante genovese

Dopo l’arresto di Bertulazzi resta invece un mistero dove si trovi l’ultimo latitante della colonna genovese. Si tratta di Lorenzo Carpi, che fu l’autista del commando (con Riccardo Dura e Vincenzo Guagliardo, quest’ultimo ha scontato la pena) che nel gennaio del 1979 sparò al sindacalista Guido Rossa. Come Bertulazzi, Carpi aveva fatto perdere le sue tracce nel 1980. Da allora di lui non si sa nulla. Deve scontare l’ergastolo per l’omicidio di Rossa e per altri reati.

 

 

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