Emergenza

Carcere di Pontedecimo, detenuta 26enne tenta il suicidio impiccandosi con una maglia

Un'agente della polizia penitenziaria ha sventato l'ennesima morte in cella: la donna si era chiusa in bagno per uccidersi sotto la doccia

Carcere di Pontedecimo, le foto della Uil Pa

Genova. Ennesimo tentativo di suicidio in carcere. Stavolta è successo a Pontedecimo: protagonista alle 22.30 di ieri una detenuta 26enne di origini marocchine con fine pena settembre 2025, condannata per rapina e omicidio colposo, salvata in extremis dagli agenti penitenziari mentre cercava di procurarsi la morte da soffocamento per impiccagione.

A comunicarlo è Fabio Pagani, segretario regionale della Uilpa Polizia Penitenziaria, che fornisce alcuni dettagli su quanto accaduto: “La giovane detenuta ha tentato di impiccarsi con una maglia chiudendosi in bagno, sotto la doccia. La poliziotta, non ricevendo alcuna risposta dalla detenuta, senza alcuna esitazione si è precipitata all’interno della cella, riuscendo a trarre in salvo nell’immediato la giovane detenuta marocchina staccandola dal cappio e allertando i soccorsi, mentre erano già evidenti i primi segni del soffocamento”.

Trasportata al pronto soccorso, attualmente è ancora ricoverata, ma fuori pericolo, probabilmente sarà presa in carico dal reparto di psichiatria del San Martino.

A Pontedecimo sono presenti 156 detenuti (65 donne e 91 uomini). Come evidenzia Pagani, la giovane detenuta marocchina è arrivata a Pontedecimo dal carcere di Torino qualche giorno fa per ordine e sicurezza.

“Insomma, la polizia penitenziaria continua a salvare vite umane – conclude Pagani – evitato a Genova Pontedecimo il 66esimo morto in carcere, ovvero la tragica conta dei detenuti suicidi dall’inizio dell’anno, l’ultimo a Prato il 7 agosto. A queste morti bisogna peraltro aggiungere i 7 appartenenti alla polizia penitenziaria che si sono tolti la vita.  A poche ore in cui il Parlamento ha varato un provvedimento vuoto, se non a tratti dannoso, nelle carceri il boia invisibile continua a infliggere la pena di morte di fatto, per di più, scegliendo casualmente la vittima”.

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