L'intervista

Verde pubblico, alberi di Brignole solo la punta dell’iceberg. Coppola (Legambiente): “Servono azioni coraggiose per il futuro”

"Le delegazioni diventino un laboratorio a cielo aperto per rinnovare il verde cittadino, che sta perdendo qualità. Il piano del verde non si può fare senza soldi"

francesca coppola - pini brignole

Genova. La questione dei pini di Brignole è solo la punta dell’iceberg. Il problema della gestione del verde pubblico e del delicato equilibrio tra manutenzione e sicurezza delle persone a Genova è molto più ampio.

Anche in altre zone della città le piante crollano all’improvviso o vengono tagliate perché non più stabili, è il caso, per parlare di alberi non così mediatici perché meno centrali, dei pini marittimi sulle alture di Sestri, in zona via Santa Maria della Costa. Nel corso degli anni almeno due sono crollati (su un palazzo e sulla strada), per fortuna senza feriti. Altri sono in corso di abbattimento per questioni di sicurezza. La sostituzione non è sempre immediata.

In più il patrimonio arboreo si impoverisce magari in favore di alberelli che hanno un apparato radicale meno invasivo per i cosiddetti sottoservizi. Non sono però paragonabili a piante ad alto fusto che hanno funzione di ricambio di ossigeno e di contributo importante per ridurre le cosiddette isole di calore che ormai d’estate rendono invivibili le strade.

Le potature non sono più così frequenti, il controllo dei sistemi di irrigazione pure, ma si registra ormai anche l’assenza di rimozione, via via che crescono i tronchi, delle parti di griglie in ghisa che un tempo si sistemavano attorno all’albero (per fare un esempio sempre sestrese ce ne sono diverse che stringono i platani di via Soliman). Il rischio? L’investimento in una pianta nuova si tramuta in un fallimento e un’ulteriore spesa per la collettività.

Francesca Coppola, architetto paesaggista e attuale consigliera nel municipio Centro Est, ha fatto parte, in rappresentanza di Legambiente, della consulta del verde, organo che racchiude esperti del settore proveniente da Università, ordini professionali, associazioni ambientaliste, le principali associazioni agricole e, naturalmente, tecnici e rappresentanti delle istituzioni. Proprio nel caso dei pini di Brignole la consulta è stata convocata il 14 agosto per ribadire la scelta dell’abbattimento documenti alla mano. La consulta è appunto un organo consultivo. Il problema è che dei pareri, anche di persone di grande statura professionale, il Comune poi sembra non voler tener conto: “La consulta spesso viene chiamata già a giochi fatti − racconta Coppola a genova24.it − quando il problema diventa mediatico, come per esempio le alberature di Carignano, quelle di Castelletto, ma anche in merito al piano del verde. Le parole degli esperti sembrano un po’ buttate nel vento perché poi il Comune tira dritto per la sua strada”.

Una pianta in città di solito vive la metà rispetto alla media perché sottoposta a situazioni di stress ambientale notevole, la programmazione nel cambio delle alberature diventa così fondamentale: “Lo stesso Giorgio Costa, responsabile della divisione verde di Aster, ha confermato che il patrimonio arboreo è anziano, anzi che sarebbe quasi tutto da sostituire. Però non bisogna avere paura di sostituire gli alberi, ma ci vuole un certo criterio e soprattutto fornire tutte le informazioni alla cittadinanza e istruirle proprio attraverso il dialogo. All’estero il reimpianto è costante, qui invece si attende l’emergenza e magari i lavori vengono fatti male, com’è accaduto nel 2018 proprio a Brignole, sembra quasi che il verde sia preso come colore su cui lavarsi la coscienza. Siamo consapevoli che sia un lavoro enorme e che serva una visione a lungo termine, non certo i classici cinque anni elettorali, ma bisogna pensare in che direzione vuole andare questa città”.

Soprattutto negli ultimi anni la sensibilità nei confronti del verde è aumentata e non manca la consapevolezza della complessità della gestione del patrimonio cittadino. Programmare diventa oggi ancora più necessario e servono soldi. “Da quello che so non c’è un euro per il piano del verde, che è stato assegnato agli uffici interni del Comune dal novembre scorso e che lo stanno imbastendo quando hanno tempo. Si tratta di un lavoro che in sei mesi è impossibile da realizzare. Gli uffici lavorano già in condizioni critiche e in questo caso servirebbe davvero il contributo di un consulente, di un esperto che dedichi tutto il suo tempo al progetto. Una città come Genova meriterebbe un maggior grado di sofisticatezza”.

Nella sua attività di consigliera municipale Coppola ha potuto constatare che almeno nel Municipio Centro Est nell’ultimo bilancio votato non c’è margine di manovra per le manutenzioni del verde, né si è ampliato lo spazio dedicato alle piante: “neppure di un centimetro quadrato”. Il Pnrr non è la soluzione: “Finanzia i progetti per il nuovo verde urbano, ma non i soldi per le manutenzioni e il rischio è appunto che siano investimenti buttati”.

Che verde è quello di Genova?

Il vanto dell’amministrazione comunale di essere la città più verde d’Italia (secondo lo studio di OpenPolis pubblicato dal ministero della Transizione Ecologica, il 72% di Genova è ricoperto da alberi, parchi oppure prati. A Genova la copertura verde è di 174,3 km2 su una superficie di 240,3 km2) cozza con la distribuzione in città: la vegetazione si concentra soprattutto sulle alture, quindi inaccessibile per anziani e bambini ed è di scarsa qualità: “Robinie e Ailanti prosperano, sono piante invadenti, inoltre i boschi di castagno non sono neanche autoctoni e senza manutenzione richiano di diventare pericolosi. I pini marittimi sappiamo che sono rischiosi in città, ma non possiamo neanche piantare solo dei peri“. Il pero, per la sua dimensione contenuta anche a pieno sviluppo e una manutenzione praticamente assente, non richiede interventi di potatura. Il rovescio della medaglia è che rispetto ad altri alberi assorbe meno Co2. Inoltre, se si sacrifica la biodiversità in favore della comodità, in caso di epidemia vegetale cosa succederebbe?.

Proprio le varie delegazioni genovesi potrebbero invece, secondo l’architetto di Legambiente, diventare un laboratorio a cielo aperto per osare e restituire ai quartieri aree verdi adeguate e appunto provare a ridurre l’impatto del caldo in città. “Delle isole di calore, dei loro effetti dannosi sulla salute e degli alberi come rimedio ho sentito parlare in commissione Paesaggio, di cui faccio parte, dagli assessori Mascia e Avvenente, ma questa consapevolezza non mi pare si sia tradotta in qualcosa di concreto, per ora”.

A Pra’ l’area dei gelsi del parco Dapelo è un esempio pratico di come un certo tipo di specie sia molto più efficace di altri nella funzione di fare ombra e ridurre la temperatura della zona in cui crescono. Nello stesso Porto Antico le panchine sotto i gelsi sono quelle più gettonate sotto il sole cocente, non certo quelle attorno alle palme.

Il futuro

pianta secca
Una pianta in via XX Settembre non sopravvissuta al gran caldo

L’evoluzione climatica in direzione di estati e inverni sempre più caldi obbligherà le amministrazioni a fare delle scelte importanti anche sul verde urbano: “Che ci facciamo con gli arbusti che ogni tanto vedo mettere a dimora, quando la temperatura arriva a 40°? − sottolinea Coppola − chi se ne prende cura durante le fasi estreme di caldo? I patti di collaborazione che sono un bel progetto collegato al volontariato dei cittadini per la gestione del verde, dovrebbero essere un di più. Genova è una città di anziani e l’anziano è meglio che non esca quando fa caldo, figuriamoci occuparsi dell’aiuola di fronte a casa”.

Servono azioni coraggiose. Chiudere una strada per dei mesi per piantare alberi e sistemare alberature ad alto fusto rischia di non essere ben visto dai cittadini-elettori. “È il momento però di scelte che migliorino la vivibilità del futuro, per lasciare un’altra città ai nostri figli e soprattutto non sprecare più soldi su progetti in cui non viene tenuto conto del costante controllo dell’irrigazione che produce impianti destinati a fallire e sinonimo di spreco”.

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