Dopo l'assoluzione

Presunte estorsioni al Genoa, la Procura ricorre in appello per 8 dei 14 ultrà assolti in primo grado

A maggio i 14 tifosi erano assolti da tutti i capi di imputazione

gradinata nord

Genova. La Procura di Genova ha presentato ricorso in appello contro la sentenza del tribunale di Genova che ha assolto i 14 ultrà rossoblù per le presunte estorsioni al Genoa.

I pm Francesca Rombolà e Giancarlo Vona, insieme all’aggiunto Francesco Pinto, dopo aver studiato le 182 pagine di motivazioni dell’assoluzione, hanno scelto di ricorrere in appello solo per alcuni degli imputati e per non tutti i numerosi capi di imputazione contestati in primo grado.

Gli imputati contro la cui assoluzione i pm hanno fatto ricorso sono Massimo Leopizzi, Artur Marashi, Fabrizio Fileni, Paolo Taccone, Davide Traverso, Piermarco Pellizzari, Nicolò Garibotto e Fabio Donato.

Dal ricorso sono stati esclusi i reati tributari. Per sei di loro resta l’accusa dell’associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di reati come la violenza privata, le lesioni e il lancio di oggetti pericolosi. Leopizzi e Maraschi secondo l’accusa avrebbero alimentato un “clima intimidatorio e di pressione” nei confronti dell’allora presidente Enrico Preziosi, della società e dei giocatori e garantito la “pace del tifo” in cambio di denaro.

Nell’assolvere i 14 imputati il tribunale di Genova aveva scritto: “È provato, in modo incontestabile, che alcuni tifosi hanno tenuto atteggiamenti di contestazione contro le scelte societarie dell’allora presidente Preziosi e che, soprattutto nei mesi posti tra il 2016 ed il 2017, la frattura tra tifoseria e società si è acuita e anche che molti tifosi hanno avvicinato in modo incivile, se non violento o minatorio, giocatori non graditi” ma “non vi è invece prova del fatto che gli imputati abbiano tentato di ottenere benefici ulteriori, privati o individuali né che si siano associati per commettere una serie indeterminata di delitti, laddove per delitti non si intendano le semplici contestazioni concordate in assemblee pubbliche tenutesi nella sede di via Armenia 5R”. 

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