Dibattito

Inquinamento elettromagnetico, il Comune di Genova non ha un piano antenne: “Fermi l’aumento delle frequenze”

La richiesta è arrivata nella commissione voluta da Francesca Ghio e Mattia Crucioli: "La tutela della salute è una priorità per l'amministrazione comunale"

antenne 5G pietra

Genova. Contro l’inquinamento elettromagnetico gli strumenti in mano al Comune di Genova sono pochi e spuntati. Ma su tutto la più vistosa “assenza” è quella del “piano di organizzazione del sistema di teleradiocomunicazioni“, anche chiamato piano antenne, vale a dire quello strumento di programmazione territoriale capace di predisporre una mappa di siti per le possibili installazioni degli impianti per la diffusione del segnale necessario alla telefonia mobile.

Il dato è emerso questa mattina durante una commissione comunale richiesta dalla consigliera Francesca Ghio (Lista RossoVerdi) e dal consigliere Mattia Crucioli (Uniti per la Costituzione) per discutere sul tema dell’inquinamento elettromagnetico in città e della recente normativa del governo, la legge 214 del 2023, che innalza i limiti dei campi magnetici consentiti da 6 V/m a 15V/M. Una legge che ha di fatto spaccato il paese con decine di amministrazioni comunali, tra cui anche diverse nell’area metropolitana genovese, che hanno sospeso questa norma con ordinanze “cautelative” in attesa di un quadro scientifico più chiaro.

E proprio su questa traccia che dai proponenti della commissione è arrivata la richiesta alla giunta di un provvedimento in linea con quelli fatti da altre amministrazioni e chiedere al governo una moratoria di 5 anni per la messa a terra della nuova normativa nazionale. Oltre a questo, la richiesta più urgente “E’ quella di arrivare a definire un piano antenne – ha sottolineato Francesca Ghio – oggi le compagnie che installano le antenne hanno campo libero, questa lacuna deve essere colmata al più presto”. Di fatto, come emerso durante i lavori della commissione, esiste una legge regionale (la 41 del 1999) che imporrebbe a tutti i comuni la redazione di tale “piano di organizzazione del sistema di teleradiocomunicazioni” entro un anno dalla sua entrata in vigore. Oggi, dopo 24 anni, di questo piano non v’è traccia.

Dal punto di vista dell’amministrazione (a rispondere in aula gli assessori Mascia e Campora) ad oggi ci si sta attenendo alle normative nazionali, non avendo il comune competenza diretta in una materia regolata dallo Stato. Per ogni impianto, i cui progetti passano al vaglio di Arpal e Asl, vengono poi fatti dei controlli sulle emissioni sempre sulla base delle soglie imposte dalla legge. Soglie che però, secondo alcuni auditi, hanno delle anomalie tutte italiane, come afferma la dottoressa Pettinaroli del gruppo “No 5g Genova”: “Nel 2012 il parlamento votò una norma che poneva la misurazione dell’inquinamento da campi elettromagnetici sulla media delle 24 ore, invece che sul picco di 6 minuti, come si fa in praticamente tutti i paesi del mondo, cosa che di fatto distorce i risultati dei monitoraggi”.

A dominare la discussione, quindi, il paradosso di una deregulation sempre più marcata per una materia che ad oggi ha molti aspetti ancora da chiarire, in primis quello sull’impatto sulla salute umana: “Di fatto non c’è mai stata una concentrazione così grande e pervasiva di questi impianti – ha commentato il pediatra Stefano Gandus, sentito come audito – e quindi ci troviamo nel campo della sperimentazione. Dal punto di vista medico qualche certezza però l’abbiamo, vale a dire che i campi elettromagnetici di questa potenza possono portare delle interferenze a livello cellulare negli organismi viventi, a partire dalla stessa temperatura, cosa che in caso di donne in gravidanza o bambini potrebbe portare a disfunzioni e addirittura modifiche al patrimonio genetico oggi non ancora esplorate fino in fondo”.

Da qui la richiesta di usare il principio della cautela massima per una tecnologia che va più veloce della ricerca medica – la quale necessità di tempi lunghi per affinare i risultati – e delle leggi, che spesso diventano strumenti spuntati difronte a grandi interessi economici. Dai banchi dell’opposizione, poi, un nuovo appello per dare nuova vita all’osservatorio sulla salute del Comune di Genova, un organo di monitoraggio che fino ad oggi non ha visto lo sviluppo per il quale era nato: “Parliamo di dettagli ma spesso ci dimentichiamo il quadro generale – ha commentato Ghio – E’ uno strumento che chiederemo con una mozione di farlo diventare strumento del Consiglio comunale e non solamente più legato alle deleghe dell’assessorato all’ambiente”.

E poi, in ultimo, un piccolo divertissement sulla presenza, o meglio, sull’assenza del health city manager Luciano Grasso che ancora una volta non era in aula, nonostante l’invito: “E’ diventato oramai una figura mitologica – ha commentato sarcasticamente la stessa Ghio – non si è mai visto in queste occasioni dove la sua presenza è stata richiesta. Se ha altro da fare, lasci l’incarico“. La commissione è stata infine aggiornata: la prossima convocazione arriverà entro luglio, ha assicurato Campora: “Dobbiamo però poi arrivare ad un punto di concretezza – ha infine concluso Ghio – e dalla commissione dovrà seguire un atto politico su questa materia“.

 

Più informazioni

Per favore, disabilita AdBlock per continuare a leggere.

Genova24 è un quotidiano online gratuito che non riceve finanziamenti pubblici: l’unica fonte di sostegno del nostro lavoro è rappresentata dalle inserzioni pubblicitarie, che ci permettono di esistere e di coprire i costi di gestione e del personale.
Per visualizzare i nostri contenuti, scritti e prodotti da giornalisti a tempo pieno, non chiediamo e non chiederemo mai un pagamento: in cambio, però, vi preghiamo di accettare la presenza dei banner, per consentire a Genova24 di restare un giornale gratuito.