L'annuncio

Giovanni Toti si è dimesso da presidente della Regione

La conferma venerdì mattina dopo 80 giorni di arresti domiciliari

giovanni toti

Genova. Giovanni Toti si è dimesso da presidente della Regione Liguria. La conferma è arrivata venerdì mattina, dopo giorni di attesa.

Toti ha comunicato la sua decisione con una lettera indirizzata al presidente ad interim Alessandro Piana e al presidente del consiglio regionale, Gianmarco Medusei, consegnata in regione dall’assessore Giacomo Giampedrone. Sarà Piana a guidare la Regione sino alle nuove elezioni.

“Dopo tre mesi dall’inizio dei miei arresti domiciliari e la conseguente sospensione dall’incarico che gli elettori mi hanno affidato per ben due volte, ho deciso sia giunto il momento di rassegnare le mie irrevocabili dimissioni da presidente della Giunta Regionale della Liguria”, è l’incipit della lettera diffusa tramite l’avvocato Stefano Savi.

Toti era stato arrestato lo scorso 7 maggio nell’ambito della maxi inchiesta sulla presunta corruzione in Liguria che ha portato ai domiciliari, tra gli altri, anche l’imprenditore portuale Aldo Spinelli e l’ex capo di gabinetto della Regione, Matteo Cozzani. In carcere invece era finito Paolo Emilio Signorini, ex capo dell’Authority, che di recente è stato scarcerato e trasferito ai domiciliari.

La decisione di Toti come detto era nell’aria ormai da giorni, ventilata dallo stesso ormai ex presidente in una lettera già all’indomani dall’ordinanza, durissima, con cui il Riesame aveva negato la revoca dei domiciliari o quantomeno l’attenuazione della misura chiamando in causa la possibilità della reiterazione del reato. I giudici avevano invece sgombrato il campo dall’ipotesi inquinamento probatorio, il che aveva spinto Toti, con l’avvocato Stefano Savi, ad annunciare una serie di incontri serrati con gli alleati politici per discutere il da farsi e il futuro del governo regionale.

Toti si è dimesso: il nodo secondo arresto e le alleanze in crisi

Lo scorso giovedì era però arrivata un’altra tegola per il presidente sospeso: una nuova ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. La questione, legata a Esselunga, era già stata affrontata nel primissimo filone di indagine, ma il provvedimento aveva minato ulteriormente fondamenta che già iniziavano a vacillare.

Impossibile non notare che l’incontro con il leader della Lega, Matteo Salvini, fissato inizialmente a venerdì (alla luce del secondo arresto) e poi saltato non sia stato riprogrammato, e che neppure il fedelissimo Marco Scajola, che avrebbe dovuto arrivare ad Ameglia dopo Salvini, non sia stato ricevuto nella villetta in cui Toti è ai domiciliari dal quasi tre mesi. Allo stesso modo nessuno degli altri incontri per cui Savi aveva fatto richiesta – da Ilaria Cavo a Maurizio Lupi – e che erano stati autorizzati era stato fissato.

A questo si è aggiunta la spaccatura interna con gli alleati sul fronte dei rigassificatore, con Lega e Forza Italia su posizione contrapposta a quella tenuta dallo stesso Toti, e la decisione di organizzare un vertice (poi saltato) tra i segretari regionali dei partiti e il presidente ad interim Alessandro Piana, cui non erano stati invitati gli assessori totiani. Unica eccezione arancione, Ilaria Cavo, invitata ai tavoli come esponente di Noi Moderati.

“Un posticipo necessario per permettere al viceministro Edoardo Rixi di contribuire al meglio alla discussione sul tema delle concessioni autostradali prevista in Consiglio dei ministri, convocato nella stessa giornata”, recitava succintamente la nota diffusa mercoledì pomeriggio. Ultimo ma non ultimo, lo scioglimento delle riserve da parte della Lega sulle candidature alle prossime elezioni: il direttivo provinciale di Imperia ha deliberato le candidature di Alessandro Piana e Sonia Viale, e Salvini avrebbe detto ai suoi di tenersi pronti con le liste.

Lo spauracchio giudizio immediato

Alla situazione “morale” e politica si è sommata poi quella giudiziaria, che sembra avere fatto precipitare tutto. Per Toti l’ipotesi giudizio immediato si faceva sempre più concreta, e con essa la possibilità di prolungare la detenzione sino a processo ( (qui spieghiamo come funziona). La Procura, in caso di domiciliari ancora in corso, può infatti presentare alla gip Faggioni la richiesta, che potrebbe prolungare la custodia cautelare di altri 90 giorni e che potrebbe portare l’ormai ex presidente in aula già tra ottobre e novembre.

Due dei requisiti affinché la Procura possa procedere in questo senso è che le indagini siano chiuse e che Toti si trovi ai domiciliari nel momento della richiesta d’immediato. Con le dimissioni arriverebbe però contestualmente la richiesta di revoca dei domiciliari, che stavolta potrebbe essere concessa alla luce dell’assenza di ruoli istituzionali e dell’allontanamento del rischio reiterazione del reato. Se la gip desse il via libera alla revoca (ha sino a 5 giorni di tempo) lo spauracchio giudizio immediato verrebbe allontanato.

Le dimissioni insomma sembravano l’unica via per riottenere la libertà, e alla fine Toti, dopo 80 giorni di domiciliari, ha ceduto e rinunciato a quella poltrona che, per sua stessa ammissione, era ormai “diventata un peso”. La parola adesso spetta alla procura, che deve scegliere se passare o meno sulla richiesta di giudizio immediato, che resta sul tavolo sino a quando la gip non darà l’ok alla revoca dei domiciliari.

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