Disastro

Caos peste suina, lascia anche Caputo. Sopralluogo dei veterinari europei: “La caccia non è la soluzione”

Si dimette il commissario mentre il virus è arrivato anche in Toscana ed Emilia: "Urgente allargare il piano di controllo, ma la caccia può essere anche controproducente"

cinghiale morto peste suina

Genova. Mentre  viene aggiornato quotidianamente il “bollettino di guerra” con il numero delle carcasse infette ritrovate tra Piemonte e Liguria, dalle regioni limitrofe arrivano le prime conferme di ritrovamenti cinghiali contagiati, segno inequivocabile che ad oggi le misure prese per il contenimento di questa epidemia sono fallite. Stiamo parlando della Peste Suina Africana, la cui diffusione nel nord ovest del paese si sta allargando, minacciando direttamente i territori sui quali gli allevamenti di suini hanno un valore economico cruciale.

Una situazione, quindi, fuori controllo a cui si sono aggiunte nel giro di poche ore due notizie che di fatto gettano nel caos tutta le contromisure organizzate fino ad oggi per combattere questa epidemia legata agli ungulati. La prima riguarda le dimissioni da commissario di Angelo Caputo, che con oggi, 31 luglio, conclude il suo incarico per “motivi personali” legati ai tanti impegni da direttore dell’Istituto Zooprofilattico di Umbria e Marche. La seconda è la pubblicazione del report del team di veterinari mandati dalla Commissione Europea in Italia per verificare la situazione sulla Peste Suina: l’esito della missione non ha dato dati positivi, con la dimostrazione che le misure prese ad oggi – essenzialmente recinzioni e caccia – non bastano e addirittura possono essere controproducenti.

La strategia complessiva di controllo della peste suina nel Nord Italia deve essere migliorata. Ogni regione/provincia attua le proprie misure con un coordinamento minimo con i vicini – si legge nel report – È necessaria una strategia di controllo delle malattie coordinata e armonizzata per il Nord Italia che consideri la situazione epidemiologica complessiva, indipendentemente dai confini amministrativi”.

cia peste suina

Durante la loro missione, i veterinari europei hanno avuto modo di verificare l’efficacia delle strategie messe in atto, a partire dalle recinzioni messe nei boschi di Liguria e Piemonte, costate più di dieci milioni di euro, e che di fatto non sono servite a molto: “La recinzione può essere uno strumento efficace per limitare gli spostamenti dei cinghiali. I colleghi italiani hanno già individuato i punti chiave in cui la recinzione potrebbe prevenire la diffusione della PSA; principalmente lungo le autostrade dove si incrociano i fiumi- scrivono – Un sostegno finanziario insufficiente e sfide tecniche hanno ritardato la costruzione delle recinzioni. L’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure di recinzione. Di conseguenza, la recinzione è in ritardo e potrebbe non avere l’effetto desiderato di fermare la diffusione della PSA in aree non infette”. Per questo motivo: “Sono necessarie molte più risorse finanziarie e umane per implementare tempestivamente la recinzione come misura efficace di controllo delle malattie”.

Capitolo a parte per la caccia, considerata anche dalle nostre istituzioni locali come l’ultima spiaggia per la risoluzione del problema: “Ridurre a zero la popolazione dei cinghiali sembra un obiettivo difficile da raggiungere – scrivono i veterinari-commissari nel capitolo dedicato all’attività venatoria finalizzata al contenimento della Psa – Invece, le popolazioni di suini domestici dovrebbero essere protette da buone misure di biosicurezza. La caccia dovrebbe essere utilizzata principalmente per prevenire la diffusione epidemica della PSA. Ciò richiede una strategia di caccia ben ponderata e pianificata che dovrebbe essere sviluppata e coordinata a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica. Poiché le misure di caccia possono anche avere un effetto controproducente e, se non coordinate, possono portare alla diffusione della malattia, si consiglia di cacciare solo dove il virus non è ancora arrivato“. Quindi non in Liguria e Piemonte: “La caccia è solo uno strumento e non la soluzione”, concludono gli esperti.

Ma allora come si può fare per contenere o eradicare la peste suina dai nostri territori? “La sorveglianza dovrebbe monitorare principalmente la diffusione della PSA – sottolineano gli esperti – Ciò richiede una strategia di sorveglianza ben ponderata e pianificata, che dovrebbe essere sviluppata e coordinata a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica. Dovrebbero essere prese in considerazione le aree di rischio e la disponibilità di risorse umane. C’è da temere che l’ASF si allarghi più a est (a est dell’autostrada A15) e a sud verso la Toscana, se non lo ha già fatto. Pertanto, è urgentemente necessario un esteso piano di controllo ed eradicazione della PSA che tenga conto dell’Emilia-Romagna e della Toscana“.

Il report, pubblicato in questi giorni a seguito della missione svoltasi nei primi giorni di luglio, è destinato a far discutere su un tema da tempo al centro di aspre polemiche e con pochissimi progressi: “Come raccomandano gli esperti europei – commenta interviene Edgar Meyer, presidente nazionale della associazione Gaia – occorre predisporre nell’immediato dei seri sistemi di biosicurezza che preservino i maiali dal contagio e fermare ogni uccisione nelle aree di restrizione per non agevolarne la diffusione. A medio e lungo termine programmare interventi di sterilizzazione farmacologica dei cinghiali. Chiediamo al Ministero della Salute e alle Regioni di stanziare i fondi adeguati a questo scopo, ma chiediamo anche alle potenti associazioni dei coltivatori di sostenere campagne di controllo demografico farmacologico investendo nei vaccini immunocontraccettivi, in collaborazione con le autorità sanitarie”. In altre parole cambiare completamente approccio al problema, che di fatto sta tenendo sotto scacco i boschi di Genova da oltre due anni.

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