La tragedia

I genitori del piccolo Elia, morto a 3 anni per un formaggio a latte crudo: “Avvisi sulle etichette, non deve succedere mai più”

Il bimbo ha sviluppato una rara sindrome chiamata SEU legata al consumo di latticini prodotti con latte non pastorizzato. E dopo il suo calvario la mamma e il papà sono decisi a portare avanti una battaglia

gaslini nuova vetrata

Genova. Se n’è andato in poco più di un mese e mezzo, cinquanta giorni di calvario in cui mamma Sonia e papà Marco sono stati al suo fianco sperando che l’equipe del Gaslini riuscisse ad arrestare l’attacco che quel batterio così comune stava assestando a ogni suo organo. Il piccolo Elia è morto a soli tre anni per la cosiddetta “SEU”, la sindrome emolitico-uremica, una grave e rara malattia che, per l’Istituto Superiore di Sanità, è la causa più importane di insufficienza renale acuta in età pediatrica. E adesso i suoi genitori vogliono trasformare una tragedia nella chance di salvare vite attraverso la prevenzione e la sensibilizzazione.

Nella sua causa tipica, spiega l’Iss, la SEU rappresenta la più grave complicanza di un’infezione intestinale batterica causata da ceppi di Escherichia Coli. Si trasmette principalmente per via alimentare attraverso il consumo di alimenti contaminati, tra cui carni poco cotte o latticini non sottoposti a pastorizzazione. Ed è stato proprio il consumo di un latticino non pastorizzato a causare la sindrome nel piccolo Elia, morto all’ospedale Gaslini lo scorso 21 maggio dopo la corsa in ospedale la mattina di Pasquetta.

Marco e Sonia, grazie agli esami condotti all’ospedale pediatrico e ai test effettuati dallo Spallanzani di Roma, hanno ricostruito ciò che con tutta probabilità è accaduto: Elia ha mangiato uno dei formaggi che la famiglia aveva acquistato da un’azienda casearia durante una vacanza a Livigno, con tutta probabilità uno prodotto con latte crudo non pastorizzato. Capita spesso che prodotti di questo genere siano contaminati da Escherichia Coli, ma se negli adulti l’intossicazione non ha conseguenze gravi, nei bambini con età inferiore a cinque anni può subentrare la SEU, perché il loro sistema immunitario non è ancora abbastanza forte da combattere l’attacco sferrato dal batterio.

I sintomi allarmanti e la corsa al Gaslini

A raccontare l’inizio dell’incubo è Marco, il papà di Elia: “Non stava bene da qualche giorno, aveva la dissenteria, ma pensavamo non fosse nulla di grave – spiega – La mattina di Pasquetta però ha iniziato a manifestare dei disturbi neurologici che ci hanno preoccupato”. Marco, come Sonia, è da anni operatore di Croce Rossa, e sa riconoscere sintomi preoccupanti: “Non riusciva a stare seduto sul letto e a tenere il biberon con due mani, a stento camminava – racconta ancora – Abitiamo ad Arenzano, siamo subito saliti in macchina e andati al Gaslini d’urgenza. Arrivati al pronto soccorso è iniziato il calvario”.

I medici dell’istituto pediatrico, eccellenza a livello nazionale, hanno subito intuito che alla base del malessere di Elia potesse esserci la SEU: “Sappiamo tramite il nefrologo che il ceppo di Escherichia Coli isolato in Elia si riconduce a prodotti caseari con latte crudo – spiega Sonia – e oggi sappiamo, purtroppo, che questo batterio è spesso presente nei prodotti a latte crudo non pastorizzati e che può generare questa sindrome. Elia ha iniziato a sentirsi male una decina di giorni dopo avere consumato i prodotti che avevamo acquistato ed proprio è il tempo di incubazione di questa sindrome”.

I tentativi disperati di salvare Elia

La situazione di Elia è apparsa da subito molto grave, e i medici del Gaslini hanno somministrato nell’immediato un antibiotico ad ampio spettro. Nel frattempo lo hanno sottoposto a una lunga serie di analisi del sangue per individuare il batterio che stava attaccando il suo sistema immunitario: “L’equipe ha cercato conferme del sospetto di SEU – continua Marco – Uno dei sintomi è la mancanza di piastrine, questa malattia genera dei piccoli trombi che le richiamano, ed Elia li aveva. Hanno ipotizzato i danni ai reni e lo hanno sottoposto a dialisi: doveva rimanerci qualche giorno al massimo, ci è rimasto per 48. Nel mezzo due arresti cardiaci e due interventi chirurgici molto complessi all’addome per trattare colon e intestino”.

I medici hanno usato ogni strumento a disposizione per arrestare l’infezione, e il decorso della malattia è stato un’alternanza di timidi miglioramenti e improvvisi peggioramenti. Elia, ricorda Sonia, ha iniziato ad avere crisi epilettiche importanti che lasciavano sospettare problemi neurologici: “L’infiammazione era talmente tanto estesa che anche il cervello era molto infiammato. Hanno provato a dargli un farmaco che azzera l’attività cerebrale per aiutare l’encefalo a sfiammarsi ed Elia non ha più avuto crisi. La situazione sembrava migliorata, ma tutti questi farmaci sono dannosi per il fegato, che ha iniziato a soffrire”.

Elia si è spento il 21 maggio, dopo 50 giorni trascorsi in rianimazione sempre attaccato alle macchine e in sedazione profonda. Il suo piccolo corpo, fiaccato dall’infezione e dai farmaci, non ha retto, gli organi hanno iniziato a cedere. Marco e Sonia alla fine hanno preso la decisione più difficile che due genitori debbano affrontare nella vita: hanno detto ai medici di lasciarlo andare, nel caso in cui fosse nuovamente andato in arresto cardiaco.

Avevamo capito che si stava spegnendo, riconosciamo i sintomi – ricorda ancora Sonia – Due giorni prima di morire la frequenza cardiaca era bassissima e poi risaliva troppo, gli atti respiratori iniziavano a scendere: si stava dimenticando di respirare, l’encefalo non mandava più segnali corretti”.

La battaglia di Marco e Sonia e quella del papà di Trento: “Subito etichette sui prodotti caseari”

La tragedia che ha travolto le vite di Marco e Sonia non li ha lasciati però inermi. Proprio come Gian Battista Maestri, il geometra di 49 anni di Trento che il 5 giugno del 2017 ha visto il figlio Mattia, 4 anni, precipitare in stato vegetativo per la SEU dopo avere mangiato formaggio prodotto con latte crudo, hanno deciso di trasformare ciò che gli è accaduto in qualcosa di costruttivo. E traggono forza e coraggio all’idea di potere in qualche modo impedire che ciò che è successo a Elia, e a Mattia, si ripeta.

“È fondamentale che i genitori sappiano i rischi che si corrono facendo mangiare ai bambini più piccoli latticini prodotti con latte crudo non pastorizzato, ma è più importante sensibilizzare i produttori locali: se hanno un cliente che potrebbe avere bambini di età inferiore a cinque anni devono consigliare i prodotti pastorizzati. Sulle etichette non c’è un dettaglio tra quelli a latte crudo e quelli a latte pastorizzato e questa cosa deve cambiare. Quello che è successo a noi e a Elia non deve succedere ad altri, nessuno deve passare quello che ha passato lui. È stato sedato tutto il tempo e noi ci auguriamo che non abbia sofferto, i medici ci hanno rassicurati, ma non ne avremo mai la certezza. E il pensiero che si possa fare qualcosa di concreto per prevenire casi come questi ci dà la forza”.

“Porteremo avanti questa battaglia, spingendo affinché venga introdotto l’obbligo per tutti di apporre etichette chiare sui latticini prodotti con latte crudo. Sulle confezioni di formaggio potrebbe esserci il simbolo di un bambino piccolo barrato, per esempio una cosa semplice e immediata – concludono Marco e Sonia – Le contaminazioni possono verificarsi e ciò che è successo a Elia è molto raro, ma è successo. E un caso è già troppo”.

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