Resistenza

Corteo 30 giugno, Anpi e Cgil: “La destra mette in discussione la Costituzione antifascista”

A Genova centinaia in piazza per ricordare l'insurrezione contro il congresso Msi: "Il ritorno delle destre estreme ci sta spaventando, bisogna riscoprire l'unità antifascista"

Genova. In centinaia hanno sfilato oggi pomeriggio al corteo organizzato da Anpi e Cgil da piazza della Vittoria a piazza De Ferrari in memoria dello sciopero generale del 30 giugno 1960 a Genova.

Qual è il filo che lega quel giorno di 64 anni fa ad oggi? “Difendere la Costituzione antifascista, nata dalla Resistenza, che qualcuno mette in discussione in modo spudorato – accusa Massimo Bisca, presidente dell’Anpi di Genova -. È per quello che siamo qui. Come disse Pertini il 28 giugno 1960, se ci domandano perché siamo qui lo devono chiedere ai caduti di Cravasco, della Benedicta, di tutti i luoghi in cui ragazze e ragazzi hanno dato la vita per la nostra libertà. C’è chi mette in discussione questi valori e le radici stesse del nostro Stato democratico”.

Chiaro il riferimento di Bisca alle politiche del governo Meloni e alla bufera che ha coinvolto il movimento giovanile di Fratelli d’Italia: “Chi mette in discussione questi valori? Anche chi è al governo, perché se uno arriva a proporre di dare due anni di galera a chi manifesta liberamente mette in discussione la libertà di manifestare. Sono quelli che hanno il record di precettazioni dei lavoratori in sciopero. Questa proposta è contro i valori della Costituzione. Se poi ci aggiungiamo il premierato e l’autonomia differenziata è snaturare il concetto di democrazia e l’unità del nostro Paese. Spero che la destra liberale che abbiamo conosciuto nel nostro Paese faccia pesare i valori che ha”.

Eppure quella destra che oggi è sotto accusa ha riscosso un forte consenso alle ultime elezioni, anche in quella stessa Genova che nel 1960 reagì con forza alla decisione di organizzare in città il congresso del Msi. “Sì, Genova è ancora antifascista e credo che il Paese sia ancora antifascista – replica Bisca -. Il problema è che bisogna riscoprire e spolverare il concetto migliore della guerra di liberazione, l’unità antifascista”.

“In realtà mi sembra di vedere qualche dato che va un po’ in senso opposto ai risultati delle elezioni amministrative – commenta Igor Magni, segretario della Camera del lavoro di Genova -. E poi c’è un problema valutato molto poco dalle forze politiche, l’astensionismo. Molto spesso chi governa città e regioni è eletto da una fascia ridottissima di popolazione, questo è un problema di democrazia”.

Perché ricordare ancora i fatti del 30 giugno sessantaquattro anni dopo? “È un’operazione di trasmissione della memoria alla generazioni più giovani – prosegue Magni -. Se non conosciamo la nostra storia diventa difficile fare passi in avanti. Oggi c’è un mondo del lavoro frammentato, che ha visto aumentare la precarietà e il caporalato. Un sistema che viene supportato da rappresentanze del mondo del lavoro. E in più stiamo assistendo a un ritorno di destre estreme che ci sta davvero spaventando. Non è un fenomeno trascurabile, bisogna stare attenti e il clima che c’è in questo Paese non ci piace: leggi bavaglio, che riguardano l’informazione, l’attacco alla legge sull’aborto, il decreto sicurezza che rende ancora più complicato per lavoratrici e lavoratori protestare e mobilitarsi. C’è una situazione internazionale legata alle guerre che non viene contrastata ma alimentata con un generale riarmo”.

Cosa è successo a Genova il 30 giugno 1960

Il 30 giugno 1960 a Genova la Cgil proclamava lo sciopero generale contro la decisione di convocare il congresso del Movimento Sociale Italiano presso l’allora Teatro Margherita di via XX Settembre. Erano passati solo pochi anni dalla fine della guerra e della Resistenza e il ricordo delle violenze e delle persecuzioni nazifasciste era ancora vivo. Convocare il congresso del Msi in città, per giunta presieduto dal prefetto Basile, protagonista della deportazione di 1.500 operai dalle fabbriche del ponente genovese avvenuta il 16 giugno 1944 condotta dai nazisti con la complicità dei fascisti, era vissuto come una vera e propria provocazione.

Non solo Genova insorse e dopo le manifestazioni di Genova, scioperi e scontri dilagarono a Roma, Reggio Emilia, Licata e Palermo con un bilancio di 12 morti, ma il governo democristiano di Fernando Tambroni, sostenuto dal Msi fu costretto a dimettersi.

A Genova la protesta iniziò il 2 giugno con il raduno di Pannesi in Val Fontanabuona e il famoso discorso di Umberto Elia Terracini, parlamentare antifascista e presidente dell’assemblea costituente. Seguirono manifestazioni e proteste, il discorso di Fulvio Cerofolini, segretario provinciale della Camera del lavoro in piazza Banchi il 25 giugno, e infine quello di Sandro Pertini il 28 giugno 1960 in Piazza della Vittoria che accese gli animi sino allo sciopero generale del 30 giugno.

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