Il processo

Presunte estorsioni al Genoa, gli avvocati: “Solo tifosi che volevano il bene del Grifone”. Sentenza il 15 maggio

Terminate le arringhe dei difensori degli imputati che ribadiscono l'insussistenza delle prove e attaccano l'inchiesta della squadra mobile

Striscioni di contestazione a Preziosi in gradinata Nord

Genova. E’ stato rinviato al 15 maggio per eventuali repliche e per la lettura della sentenza il processo a carico di 15 ultrà del Genoa per le presunte estorsioni alla società. I pm Francesca Rombolà e Giancarlo Vona hanno chiesto 14 condanne a carico di altrettanti ultrà rossoblù. Le pene più alte sono state chieste per Massimo Leopizzi (8 anni) e Arthur Marashi (7 anni e 10 mesi).

Ieri e oggi si sono alternati nelle discussioni finali gli avvocati gli imputati ribadendo l’inesistenza dell’associazione per delinquere contestata dall’accusa di cui avrebbero fatto parte una decina di imputati e l’insussistenza delle prove. L’associazione era finalizzata – secondo l’accusa – a far pressioni sulle scelte societarie attraverso contestazioni e proteste che configurano secondo il pm il reato di violenza privata mentre ai principali imputati è anche il reato di estorsione ai danni della società rossoblù.

L’avvocato Stefano Sambugaro, difensore di Massimo Leopizzi, Fabrizio Fileni e Davide Masala (per gli ultimi due l’accusa ha chiesto rispettivamente 3 anni e 7 mesi e 1 anno e 6 mesi) ha negato l’esistenza tanto del reato di associazione e quanto di quello di estorsione, “perché non c’è traccia del fatto che volessero trarre un profitto dal merchandising, dalle feste del Genoa e dalla gestione dei biglietti – ha detto – Le pressioni che facevano alla società erano soltanto finalizzate al bene del Grifone”. E, come già hanno fatto ieri alcuni colleghi, ha attaccato l’indagine della polizia: “Squadra mobile e Digos non hanno collaborato tra loro, la prima ha lavorato di nascosto dall’altra e i risultati sono quelli di un’indagine costruita a tavolino che ha tirato in ballo tifosi che volevano soltanto il bene della squadra”.

Gli avvocati Giuseppe Sciacchitano ed Enrico Grillo, che difendono Matteo Sanna (per lui la Procura ha chiesto un anno e 8 mesi), socio e amministratore della 4anyjob, la società che fornisce gli steward allo stadio, hanno contestato il fatto che il Genoa abbia pagato di più gli steward rispetto alla Sampdoria e che soprattutto la 4anyjob pagasse immediatamente e completamente solo la Sicurart di Marashi perché aveva avuto pressioni da Leopizzi (che secondo l’accusa era socio occulto della Sicurart).

Veemente la difesa di Riccardo Lamonaca, avvocato di Davide Traverso, dal 2014 al 2018 presidente dell’associazione club genoani. Anche lui è accusato di associazione per delinquere finalizzata alla violenza privata (chiesti 1 anno e 6 mesi) ma ciò che aveva detto Traverso in aula (è stato uno dei pochi imputati a sottoporsi a interrogatorio) è stato ribadito oggi dal suo legale. “Traverso non è un ultrà e non è un violento – ha detto Lamonaca – E’ un lavoratore e un sindacalista a cui questa vicenda ha rovinato la vita. E’ stato messo in mezzo da Gasperini in un’intervista e per lungo tempo abbiamo cercato di capire con chi l’ex allenatore del Genoa lo avesse confuso visto che non si erano mai visti né conosciuti”. “Ma la cosa grave – ha aggiunto – è che la polizia e poi l’accusa gli siano andati dietro”.

Per Lamonaca “Preziosi in quest’aula ha detto menzogne spudorate e non capisco perché l’accusa non ha chiesto il rinvio degli atti per falsa testimonianza anche per lui”. Poi l’avvocato ha attaccato direttamente l’allora funzionario della squadra mobile Alessandro Carmeli che ha coordinato le indagini definendolo un “burocrate di Stato” che non aveva la minima conoscenza dei “meccanismi delle gradinate e del tifo” visto che l’accusa sostiene che Traverso era stato eletto presidente dei club genoani “per volere di Leopizzi”. “Siamo al delirio – ha sbottato Lamonaca – perché Leopizzi poteva condizionare anche tutta la gradinata Nord ma non certamente 100 club genoani che sono un’altra cosa”. Lamonaca ha infine ricordato come la squadra mobile in un’intercettazione abbia confuso Traverso con un ultras di estrema destra.

Per ultimi hanno parlato i difensori di Arthur Marashi, Mauro Casu e Andrea Vernazza. Casu ha esordito la sua arringa citando l’opera di Beckett “Aspettando Godot” e parlando di un “processo dell’assurdo” dove “Godot non arriva mai”, alludendo quindi al fatto che la maxi inchiesta non provi assolutamente nulla circa i reati contestati.
“Fra l’altro il mio assistito sarebbe uno degli organizzatori di un’associazione per delinquere in cui l’estorsione contestata non è un reato fine dell’associazione” e ha sottolineato come l’accusa “visto che non c’è traccia di nessuna minaccia esplicita al Genoa ha virato verso il reato di ‘estorsione ambientale’ che però – sostiene il legale – può essere commessa solo da un gruppo criminale riconosciuto e consolidato e la giurisprudenza cita l’estorsione ambientale solo se messa in atto da gruppi di stampo mafioso”.

Anche Casu ha sottolineato poi come “Tutte le presunte attività contestate avvengono sotto il controllo della Digos, “sotto il controllo dei fratelli di questi che hanno fatto le indagini e che sono stati chiamati da noi in questo processo, non dall’accusa”.

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