Genova. “Faremo appello”. L’annuncio del procuratore Nicola Piacente è l’unico commento ufficiale che arriva dal nono piano di palazzo di Giustizia, dopo la sentenza pronunciata dalla gup Angela Maria Nutini di “non luogo a procedere” nei confronti di Annalucia Cecere, Marco Soracco e Marisa Bacchioni per l’omicidio di Nada Cella.
La decisione, presa ancora prima di leggere le motivazioni della sentenza che saranno depositate tra 30 giorni, arriva alla luce di quel che già emerge dal dispositivo letto questa mattina dalla giudice. Cecere è stata prosciolta in base all’articolo 425 del codice di procedura penale “per non aver commesso il fatto” in quanto “gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna”, come richiede la cosiddetta Riforma Cartabia, entrata recentemente in vigore.
Se è vero che il timore dei pm era quello che il “non luogo a procedere” potesse essere pronunciato per una valutazione del giudice circa la non sussistenza delle aggravanti della “crudeltà” e dei “futili motivi”, che avrebbero di fatto reso il delitto prescritto (l’omicidio volontario senza le aggravanti da ergastolo si prescrive in 21 anni), per chi ha condotto le indagini stupisce che per il giudice il quadro probatorio, oltre che indiziario – costruito in oltre due anni di indagine – sia definito non meritevole di un approfondimento attraverso un processo in Corte d’assise.
Da cui la decisione, presa immediatamente, di tentare comunque la carta del ricorso in appello. Anche perché la giudice di fronte a una riforma appena approvata, potrebbe aver interpretato in maniera eccessivamente restrittiva le nuove norme che potrebbero essere diversamente soppesate dalla Corte d’appello.
Gli avvocati degli imputati, in particolare i legali Giovanni Rocco e Gabriella Martini che difendono Cecere, hanno sottolineato questa mattina come il quadro accusatorio fosse fatto di “indizi non precisi e non concordanti”. Ma gli stessi avvocati, due settimane fa, si sono battuti con veemenza in aula per smontare le tesi dell’accusa, a conferma che elementi che potessero portare a un esito diverso, e quindi a un decreto che dispone il giudizio, ci potessero invece essere.
Soddisfatto della sentenza, l’avvocato di Marco Soracco e della madre Marisa Bacchioni, a loro volta prosciolti perché “il fatto non costituisce reato”. Erano accusati di favoreggiamento e di false dichiarazioni al pm perché secondo l’accusa avrebbero coperto Cecere. “Auspicavo questa decisione – commenta l’avvocato di Soracco Andrea Vernazza – dopo la riforma Cartabia il gip per rinviare a giudizio deve andare oltre il ragionevole dubbio, noi siamo contenti per Soracco e per la sua anziana mamma, è una bella soddisfazione, l’impressione è che l’accusa fosse andata dietro a chiacchiere di paese”.
Silenzio e lacrime per i famigliari di Nada Cella. Silvana Smaniotto è uscita dall’aula sostenuta dalla nipote Eleonora, che ha una straordinaria somiglianza con Nada. E anche la sorella maggiore Daniela Cella non ha voluto commentare. Solo più tardi, tramite l’avvocato di famiglia, Sabrina Franzone, la mamma ha fatto sapere: “Non abbiamo perso noi, ha perso la giustizia”.
“Siamo attoniti e dispiaciuti – aveva detto a caldo l’avvocata Franzone – sarebbe stato giusto celebrare un processo per approfondire gli elementi raccolti ma il giudice ha deciso diversamente”.
Duro il commento della criminologa Antonella Delfino Pesce, che nel 2021 fece riaprire le indagini. “Le sentenze si rispettano. Aspetterò 30 giorni per leggere le motivazioni che sicuramente saranno fondate e forse anche inappellabili – dice – ma il post canonico e perbenista finisce qui”
“Adesso ne inizia un altro, certamente non in linea con l’orientamento giuridico della recente Cartabia – incalza – ho conosciuto il peggio della legge attraverso fascicoli vecchi di 25 anni. E ho sempre pensato e sperato che alla verità si potesse ancora arrivare a piccoli, faticosissimi passi. E un processo sarebbe stato l’ennesima opportunitá per giungerci. Il mondo viene costruito ogni giorno attraverso cosa decidiamo di essere o non essere, cosa scegliamo di fare lo non fare. Da domani perciò sapremo tutti cosa ci dovremo aspettare se avremo voglia di rincorrere la giustizia e confidare in essa. Il nulla”.
Ma la storia ‘giudiziaria’ del delitto di Nada non è appunto ancora finita. Fra 30 giorni si conosceranno le motivazioni che hanno portato la gup a decidere per il proscioglimento degli imputati e il pm Gabriella Dotto, e forse anche la Procura generale, presenteranno ricorso. Sarà quindi una nuova udienza in Corte d’appello a mettere la parola fine sul cold case di Chiavari, o invece, a decidere che un processo si farà.