Le motivazioni

Omicidio Nada Cella, la giudice: “Su Cecere sospetti e non indizi, ma Marco Soracco era lì quando fu uccisa”

Il gup Nutini parla delle bugie dette da Soracco e dalla madre per "tutelarsi". E ricorda che Soracco disse al milite della Croce verde accorso la mattina del delitto di essere "ri-entrato" in ufficio

nada cella

Genova. “Sospetti”, a volte addirittura “deboli” e non “indizi” che, anche a metterli tutti insieme, non possono indurre a ipotizzare una “ragionevole previsione di condanna” di Annalucia Cecere per l’omicidio di Nada Cella. Lo dice senza esitazioni la gup Angela Maria Nutini nelle motivazioni della sentenza di non luogo a procedere per il cold case di Chiavari. Ma nella ricostruzione della giudice ci sono semmai elementi “contraddittori” che fanno ravvisare “ipotesi alternative di ricostruzione”. E punta il dito, entrando nel merito della ricostruzione, sul sospettato dell’epoca, il commercialista Marco Soracco, a lungo indagato ma poi archiviato per la morte della segretaria.

“Contro Cecere prove insufficienti rendono il processo inutile”

Nelle 44 pagine di sentenza di non luogo a procere la giudice spiega perché “nel caso di specie si ritiene che “già sotto il profilo processuale possa essere espresso un giudizio di merito circa l’inutilità del dibattimento reputandosi che il quadro probatorio delineato dalla pubblica accusa sia insufficiente e per certi versi contraddittorio” essendo anche ravvisabili “ipotesi alternative di ricostruzione” dei fatti. Nutini ricorda che la maggior parte dei testimoni è deceduta e tra essi e che gli altri, risentiti a distanza di oltre vent’anni, “non sono stati in grado di ricordare i fatti con precisione né di offrire elementi nuovi e chiarificatori dimostrando di avere un ricordo non nitido, annebbiato dal decorso del tempo ma anche forse dal clamore mediatico della vicenda”.

Ancora “tutte le indagini di carattere scientifico sono state effettuate senza restituire risultati utili ed anche la comparazione del DNA dell’imputata, alla quale l’imputata si è sottoposta volontariamente, ha avuto esito negativo”. Una delle prove regine per la procura, quella bottone trovato sulla scena del crimine per il gup è un ”mero indizio” nel senso di “non univoco”, perché “era molto diffuso” e il colore è diverso e soprattutto perché “sebbene sia tuttora in sequestro il bottone rinvenuto sulla scena del crimine, non esistono più i bottoni di comparazione” per poter svolgere ulteriori. Cosi come sono discordanti nel dettagli della descrizione, negli orari, le testimonianze circa la presenza di Cecere sul luogo del delitto il 9 maggio 1996 intorno alle 9.

Il movente  di Cecere “smontato” dalla giudice

Tra gli elementi analizzati dalla giudice per smontare il “movente” dell’innamoramento di Cedere nei confronti del commercialista che la avrebbe portata a uccidere Nada Cella, e sul fatto che tra i due ci fosse una specie di relazione, c’è la telefonata di Cecere a Soracco quando la donna scoprì di essere indagata in cui gli diceva: “Io non sono mai stata innamorata di te, anzi mi fai schifo”. Telefonata che analizzata, dimostra che i due “prima di qualificarsi, non riconoscevano le rispettive voci.” tanto che lei chiede di Soracco prima di scoprire che stava parlando con lui. “Neppure il contenuto, nella sua ambiguità, dimostra un rapporto stretto tra i due, rappresentando sicuramente lo sfogo dell’imputata, destinataria della perquisizione domiciliare, evidentemente convinta che il suo coinvolgimento derivasse da qualcosa che aveva detto Soracco. E le altre testimonianze secondo la giudice possono al limite indicare che i due avessero ballato qualche volta insieme in discoteca ma non altro.

Circa l’altro movente, quello lavorativo, Nutini ricorda che Cecere aveva studiato alle magistrali e non all’istituto di ragioneria e che, a detta della stessa vicina di casa, puntava all’insegnamento. E fra l’altro nel frattempo era stata “regolarmente assunta con contratto a tempo indeterminato” presso un dentista. Solo un “sospetto” e non un indizio il recente interesse di Cecere per gli esiti del dna, cosi come sono un “sospetto non comprato da atti”, l’accusa circa l’improvvisa disponibilità economica di Cecere dopo il delitto anche perché ricorda il gip riportando la testimonianza del fratello di Cecere, lui e la sorella avevano ereditato un buono fruttifero dalla nonna deceduta in quel periodo.

“Soracco e la madre sviarono le indagini per tutelare se stessi”

“È sicuramente emerso che Marco Soracco e Marisa Bucchioni abbiano sviato le indagini rendendo false dichiarazioni sia allorché venivano sentiti nel 1996, sia quando venivano risentiti nel 2021” scrive Nutini. In particolare, “è sicuramente emerso che Marco Soracco abbia dichiarato contrariamente al vero di essere entrato in studio solo qualche minuto dopo le 09:10, essendo invece ri-entrato ben prima; di avere negato di avere fatto confidenze rilevanti al collega Bertuccio in merito a ciò che sarebbe a breve successo nel proprio studio, così come che la madre Marisa Bacchioni abbia riferito la stessa circostanza relativa all’ingresso in studio del figlio e che abbia dichiarato contrariamente al vero di avere pulito solo tre gocce di sangue mentre effettuava un’accurata pulizia dei locali”.  Secondo il giudice  “nel caso di specie i due imputati (accusati dalla procura per false dichiarazioni al pm e falsa testimonianza ndr) si siano limitati ad astenersi dal rendere dichiarazioni autoindizianti od a tutelare il prossimo congiunto”.

La possibile “ricostruzione differente dei fatti” e i nuovi sospetti su Soracco

“Secondo la stessa ricostruzione del pm, dice la gup “Soracco era sicuramente presente al momento dell’omicidio di Nada Cella. Gli orari, sopra ricostruiti, sembrano proprio confermare tale presenza, unitamente, parrebbe, a quella di una donna con voce “non giovanile”. Nutini, ricostruendo gli elementi forniti dall’’accusa sottolinea come Soracco e la madre abbiano spostato sempre più avanti l’orario del suo arrivo nello studio quella mattina e Soracco fra l’altro “ometteva di riferire agli Inquirenti di essere rientrato, come invece riferiva al milite della Croce Verde “. Rientrato, e non “entrato” .

Per la gup è poi “pacifico che Marisa Bacchioni,  persona colta e tutt’altro che sprovveduta, alterava irrimediabilmente la scena del crimine e che qualcuno, verosimilmente Soracco, parimenti colto ed intelligente, metteva mano al computer di Nada Cella prima che venisse sottoposto ai doverosi accertamenti”. “Dichiarazioni inveritiere” e “condotte quanto meno discutibili “ ribadisce Nutini che riesaminando le carte ricorda le testimonianze della madre, dello zio e delle amiche di Nada a cui la ragazza aveva confidato di voler lasciare quel lavoro e che i rapporto con il commercialista peggioravano di giorno in giorno. Allo zio in particolare aveva confidato che aveva visto “buste di denaro” ed era convinta che nello studio succedesse qualcosa di losco che coinvolgeva “gente in divisa” e “gente del porto”.

Tale movente – scrive la giudice – sembra rappresentare non solo un’alternativa logica più plausibile rispetto a quelli sopra delineati, ma anche trovare il riscontro probatorio che sopra risulta mancare”. 

Nada era “angosciata” e voleva andarsene da quello studio. “Nonostante lo sforzo investigativo non si è giunti a provare se effettivamente vi fosse una situazione di illiceità nello studio del commercialista” ricorda la giudice ma è certo che “il sabato precedente all’omicidio si recava nello studio del commercialista ed, a detta della stessa madre di Soracco, portava via un floppy disk. Sicuramente il computer, per quanto emerso dagli accertamenti svolti sullo stesso, quella mattina veniva acceso e Nada veniva vista in loco anche dalla donna che aiutava la madre di Soracco nelle pulizie”.

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